14/08/1933. Fra coloro che non hanno rinunciato alla resistenza e alla lotta contro il fascismo, malgrado le difficoltà e i pericoli, sempre incombenti, ci sono alcuni comunisti grossetani che operano soprattutto nel capoluogo, ma che hanno dei collegamenti con altre località della provincia. Contrari a qualunque compromesso con il regime di Mussolini, essi sono i protagonisti, nell’ agosto del ’33, di una clamorosa beffa all’ apparato repressivo fascista.
Del gruppo fanno parte il tenace Terziglio Bacchi, che ha “partecipato con gli arditi agli assalti disperati ai reticolati austriaci” ed è stato protagonista di scazzottate furibonde nel ’21, quando è stato più volte aggredito dai fascisti, il popolare fornaio Aristeo Banchi detto Ganna reduce dalle carceri fasciste dove è rimasto fino al settembre del ’32, l’operaio Ismeno Bimbi, il cementista Algiso Giovannelli detto Titta, il meccanico Alfo Mascioli.
Sono tutti militanti comunisti, compreso il Giovannelli che, quand’era giovanissimo, ha fatto parte del movimento anarchico col cugino Italo Ragni. Convinti che si debba dare alla città una “un segnale della presenza di combattivi oppositori” per scalzare “le tracotanti certezze dei gerarchi e degli squadristi” , i componenti del gruppo si incontrano, al principio di agosto, nel bar di Terziglio, in via Vinzaglio e, nel corso di alcune riunioni clandestine, prendono la decisione di mettere una bandiera rossa sul duomo di Grosseto per lanciare un messaggio “al mondo del lavoro, scompaginato dalla crisi”.
E’ Mascioli ad offrirsi di compiere l’ operazione “non priva di rischi personali”, all’unica condizione di “agire da solo, senza condizionamenti o interferenze”. Comprati 4 metri di stoffa rossa, prepara una bandiera sulla quale sua moglie Lubìcia cuce una falce e martello nera, poi la notte del 14 agosto 1933 Alfo raggiunge la cella campanaria, apre con un grimaldello una botola chiusa a chiave posta fra il pian terreno e il primo piano, sale fino “all’ultimo finestrone” e lega la bandiera a una colonna con degli spaghi, poi scende e se ne va.
La mattina i fascisti hanno una sorpresa: il “drappo della riscossa” sventola sul campanile, “bello e rosso come l’aurora” …
( dal libro “Mario Chirici dal 1915 al 1937” di Fausto Bucci – Follonica 2001 )
Una lettera del 1983 con cui Alfo Mascioli conferma il fatto al suo compagno Aristeo Banchi.