Dal supplemento 9LUGLIO della Federazione Anarchica Elbano-maremmana del 9 luglio 1946.
Su questo che fu uno dei più efferati delitti commessi dallo squadrismo piombinese si sono accreditate le versioni più diverse fra le quali quella ufficiale che falsava completamente la verità allo scopo evidente di lasciar impuniti gli autori morali e materiali del truce misfatto.
Difatti, mentre l’ing. Piccioli Arturo, eminenza grigia del fascismo piombinese, per punizione veniva insignito delle commende più diverse, gli autori materiali venivano assolti con formula piena dai compiacenti giurati della Corte di Assise di Pisa.
E’ necessario perciò ricostruire i fatti in base alle deposizioni dei testi e alle ammissioni di alcuni dei partecipanti all’eroica impresa, oggi nuovamente detenuti per lo stesso fatto, affinchè la collettività intera conosca finalmente la verità e bolli col marchio dell’ infamia i colpevoli.
Il 9 luglio del 1922 nel barino sito in Piazza Tre Orologi ( oggi Piazza Gramsci ) gestito da Silvia Paffi vedova Pieracci, amante del Lapi, il direttorio del fascio nelle persone di Lapi Adolfo, Vallesi Francesco e Garbaglia Gastone attendono agitati e nervosi. Il prologo del dramma sanguinoso nel quale stanno per immergersi ha già iniziato il suo inesorabile corso.
Verso le 14,30 un giovane fascista entra nel barino ed in presenza della Paffi stessa informa il Lapi che le vittime predestinate, secondo il piano prestabilito, mercè il pieno successo della missione affidata a suo padre, Cantini Roberto, si trovano già nella sua capanna in Campo alle Fave.
Segue un breve conciliabolo, quindi gli squadristi, che siedono in permanenza nel barino, loro quartier generale, escono e salgono su una vettura di piazza che velocemente si dirige verso il luogo indicato dal Cantini. Giunti alla Fiorentina i fascisti scendono ed il Lapi paga la corsa intimando al vetturino di ritornare a Piombino. Indi divisisi in tre gruppi contemporaneamente e per vie diverse si dirigono verso la capanna del Cantini.
Le squadre sono così formate:
1° squadra: Lapi, Costantini, Marsili, Pieracci.
2° squadra: Garbaglia, Dami, Campanini, Bensi.
3° squadra: Vallesi, Bati, Milanfranchi, Mela, Murzi.
Giunte la prima e la terza squadra sul posto il Vallesi con la rivoltella in pugno intimò al Landi, al Lucarelli e al Cantini di uscire dalla capanna, sennonché per ordine del Lapi che disse non potersi toccare il Cantini in quanto padre di uno squadrista, questi si allontanò dal gruppo ed assistè quale spettatore alla tragedia dovuta alla sua opera di traditore e di spia.
Sopraggiunta la squadra Garbaglia questi si rammaricò per la lentezza dei complici nell’eseguire il piano infame da essi ordito e sparò per primo seguito immediatamente dal Mela e da tutti gli altri. Il Landi e il Lucarelli si accasciarono colpiti a morte.
Alle detonazioni le sorelline del Landi, Alfea e Doria, tentarono [di] accorrere presso il fratello ma furono fermate da una raffica di colpi, fortunatamente andati a vuoto e costrette ad allontanarsi terrorizzate.
Compiuta l’eroica impresa gli assassini rientrarono in città parte per la via di Salivoli e parte per la via Emilia. Arrestati, dopo un breve periodo di detenzione ed una parodia di giustizia, vengono assolti e premiati per il loro atto infame.
E mentre si schiudono altre tombe e due madri si macerano nel dolore e nel lutto, mandatari e mandanti banchettano e gozzovigliano sicuri dell’ impunità.
Fino a quando ? Fino a che il popolo, afferrate con mano sicura le redini del proprio destino, non colpirà inesorabilmente gli assolti e gli assolutori!
Articolo a firma: ADRIANO VANNI del 9 luglio 1946