Nato a Massa Marittima il 17 luglio 1898, fa il minatore e professa idee anarchiche. Mandato al fronte durante la prima guerra mondiale, prende parte nella primavera del 1919, insieme gli anarchici Primo Morelli, Giuseppe Stefanelli, Domenico Montagnani e Luigi Guazzini, a una clamorosa protesta contro i carabinieri, mentre è in licenza a Massa Marittima. Alla fine del 1920 viene denunciato, insieme ad altri compagni di fede, per la colluttazione con ex interventisti e per il conseguente ferimento di un volontario fiumano.
Ostile ai fascisti, impartisce nel 1921 una dura lezione al temibile squadrista Silverio Zanetti davanti alla cattedrale massetana. Licenziato dalla miniera Montecatini di Gavorrano per rappresaglia politica, fa parte, nell’ottobre dello stesso anno, insieme a Fortunato Signori, Rizieri Guazzini, Tornielli e altri sovversivi, del gruppo di anarchici che malmenano una squadraccia in piazza Garibaldi. Il 30 agosto 1922 emigra regolarmente in Francia (insieme all’anarchico di Monterotondo Marittimo Eligio Pozzi, già esponente della Camera del lavoro sindacale di Piombino) e fissa la residenza a Bligny, dove fa il minatore. Spostatosi in Belgio, lavora alla teleferica di Erehilimes, poi presta la sua opera, fino al 1924, nello stabilimento siderurgico di Montigny – sur – Sambre, dove sottoscrive qualche franco in favore del «Libero accordo» di Roma, insieme agli anarchici Italo Giannoni, Antonio Armeni (“Toppa”), Primo Morelli e Rustici e ai comunisti grossetani Russo Facchielli (già “ciclista rosso”) ed Emilio Martellini. Nel giugno del 1925 fa pervenire, da Couillet, un altro contributo al giornale libertario della capitale, insieme agli anarchici maremmani Zeffiro Bertini e G. Tanagli. Nel 1926 abita ancora a Montigny – sur – Sambre, mentre nel 1927 risiede a Sedan, da dove manda dei piccoli contributi, insieme a Italo Giannoni, ai periodici anarchici «Il monito» (diretto da Raffaele Schiavina) e «La Diana» (diretto da Paolo Schicchi).
Nel marzo 1928 è oggetto di una lettera, in cui il console fascista italiano di Charleroi si rammarica del fatto che le autorità belghe si rifiutino di espellere questo “sovversivo”, dal “carattere esaltato e sornione”, perché nel 1925 ha sposato una ragazza belga, dalla quale ha avuto un figlio. L’11 gennaio 1930 Quintavalle viene iscritto nel «Bollettino delle ricerche» e il 2 marzo 1930 rimpatria per fare visita alla madre ammalata. Perquisito “infruttuosamente” alla frontiera, alla fine del mese torna a Montigny, dove rimane sino al primo dicembre, quando rientra definitivamente in Italia. Assunto nella miniera di Niccioleta, viene fermato il 4 giugno 1933 per misure di publica sicurezza e nel novembre 1934 è fermato di nuovo, dopo che alcune bandiere italiane, esposte a Massa Marittima per celebrare la vittoria della prima guerra mondiale, sono state gettate in una vasca. Prosciolto per mancanza di indizi, malgrado l’accanimento mostrato dai carabinieri contro di lui, è oggetto, il 30 settembre 1936, di una relazione dei carabinieri di Massa Marittima, i quali sostengono che sarebbe opportuno allontanarlo dalla miniera di Niccioleta, perché è “elemento pericoloso” e “capace di svolgere propaganda sovversiva”, per di più collegato ad altri minatori di idee sovversive, tra cui l’anarchico Menelik Giusti di Monterotondo Marittimo, il comunista Romeo Lippi di Vernio, l’ex popolare Engels Lambardi di Montieri, il socialista Primo Olivelli di Santa Fiora e i sovversivi Gino Lolini di Monterotondo Marittimo, Ruggero Romani e Estido Verni di Abbadia San Salvatore.
In quello stesso periodo Silvio partecipa alle riunioni semiclandestine, che si tengono nella trattoria Pollazzi di Borgo, insieme agli anarchici Giuseppe Gasperi e Libero Corrivi e ai comunisti Enrico Filippi ed Elvezio Cerboni: riunioni disturbate talvolta dai fascisti, che invadono il locale e cacciando tutti i presenti, somministrando nerbate e bastonate. Il 19 giugno 1938 viene schedato dalla Prefettura maremmana. Il “cenno” biografico ne ricorda l’attività di propagandista e la pericolosità, i trascorsi politici e penali e le perquisizioni, che ha subito; segnala inoltre che Quintavalle lavora nella miniera della Zanca per la ditta Puccioni e che continua ad abitare a Massa Marittima.
Crollato il fascismo il 25 luglio 1943, Silvio collabora con i partigiani e fa parte del CLN massetano, poi, dopo la liberazione, riprende il suo posto nel movimento anarchico e diffonde ed affigge sotto le logge «Umanità nova», «L’adunata dei refrattari», «Il libertario» e altri fogli libertari fino alla morte, che lo coglie a Massa Marittima nel marzo 1978. I compagni ne ricordano, il 2 aprile, la “coerenza impareggiabile” e la generosità: “Le persecuzioni monarchiche e fasciste rafforzarono il suo carattere e fu sempre in prima fila nelle lotte per la redenzione sociale”.
( Scheda di Fausto Bucci, Manlio Gragnani, Michele Lenzerini, Aldo Montalti )