Garibaldo Nannetti

 

   Nato a Boccheggiano, frazione di Montieri, il  primo agosto 1900, fa il meccanico e dapprima professa idee socialiste. Attivo nel biennio rosso, aderisce al partito comunista nel 1921, trasferendosi poi a Torino, dove lavora nello stabilimento di Venaria Reale della Snia Viscosa. Il 26 giugno 1927 partecipa a un convegno comunista clandestino, organizzato nella regione Truc del Comune di Vayes, in rappresentanza dello stabilimento di Venaria, e riceve l’incarico di riorganizzare i comunisti nel settore di Madonna Campagna.

Individuato dai fascisti, lascia Torino per sottrarsi alle loro rappresaglie e all’arresto ed emigra clandestinamente in Francia nell’ottobre 1927, stabilendosi a Grenoble, e nel giugno 1928 tiene a Modane una riunione, in cui distribuisce ai compagni intervenuti un certo numero di copie dei giornali «Il proletario» e «La voce dell’emigrato» e del manifesto “Nel 4° anniversario del delitto Matteotti”. Secondo gli informatori di Mussolini, Garibaldo è un funzionario della III Internazionale che fa parte del Gruppo comunista di Grenoble, la città dove abita in Rue Thiers, 63, presso il falegname Gireffier, ed è andato a Mosca nel 1925 per prendere parte al III Congresso del Profintern e nel 1927, al seguito di una delegazione operaia francese, per assistere alle celebrazioni del X° anniversario della rivoluzione d’ottobre. Non è invece – prosegue la stessa fonte – in contatto con l’organizzazione comunista di Torino (da poco parzialmente sgominata dalla polizia fascista), con la quale intende tuttavia ristabilire i collegamenti. Qualche tempo prima dimorava a Bagnolé e lavorava in un’officina meccanica.

In questa fase della sua militanza Garibaldo frequenta in special modo Valentino Baroncelli (di Ravenna) e Berto Albertini e intrattiene rapporti epistolari con un emigrato, che, vilmente, consegna all’O.V.R.A. le lettere che gli pervengono da lui, compresa quella in cui si legge: “Certo, sai, si attende sempre quel benedetto giorno che Diana suoni per doversi unire verso il suolo nativo e rivendicando tutti quelli che sono stati colpiti dal carnefice in camicia nera. Come è stata accolta l’esecuzione di morte di Della Maggiora? Cosa avete fatto costà? Qui si fece un comizio di protesta…”.

Segretario nella Federazione comunista delle Alte Alpi e della Savoia, è in contatto nel settembre 1928 con il Comitato esecutivo comunista di Lione, uno dei più principali organismi direttivi del P.C.d’I., composto da militanti italiani emigrati.
Nell’aprile 1929 il proscritto di Boccheggiano si ferma per qualche giorno a Brignone, dove riceve la  corrispondenza al recapito dell’emigrato Giacinto Baima, poi fissa la residenza a Lione, ma verso la fine di giugno si allontana, inducendo i fascisti, che hanno perso le sue tracce, a sospettare che si sia introdotto in Italia per rimettere in piedi una rete cospirativa comunista.
Perciò, nel luglio 1929, il Ministero dell’Interno si occupa di lui, chiedendo che una sua foto sia riprodotta in dieci copie per fini segnaletici.

Negli stessi giorni il Ministero fascista comunica al prefetto di Grosseto che Garibaldo sarebbe rimpatriato per svolgere una missione clandestina affidatagli dal partito comunista e lo sollecita a diramare le apposite circolari di ricerca e a far iscrivere il sovversivo nella «Rubrica di frontiera», mentre un dispaccio telegrafico dello stesso Ministero, datato 27 luglio 1929, invita la Questura della capitale e le Prefetture italiane a disporre le più accurate ricerche per arrestare il comunista di Boccheggiano, che sarebbe rientrato nella penisola.
Tre mesi dopo Nannetti incontra a Lione il compaesano Lodovico Negrini, che dimora a Legny Le Chatel, e nel marzo 1930 viene descritto come “pericoloso elemento perché acceso comunista ed attivo organizzatore. Attualmente coprirebbe la carica di funzionario del partito a Lione”. Secondo un’altra fonte, Garibaldo milita attivamente nel P.C.d’I., è membro del Comitato regionale lionese e lavora nei Patronati pro vittime politiche.

Il 28 luglio 1930 il nostro propone, durante una riunione della direzione del terzo gruppo comunista italiano, che si tiene nella città dei “canuts”, di organizzare un convegno allargato a tutti i gruppi del P.C.d’I. per valutare la linea e le scelte della Confederazione generale del lavoro, direetta dal socialista riformista Bruno Buozzi. La proposta è approvata.

Il 19 ottobre 1930 Nannetti partecipa nella sede della C.G.T.U. di Lione, al “Passage Caste”, a un incontro, a cui sono stati invitati gli italiani iscritti o simpatizzanti delle organizzazioni comuniste e sindacali, poi, nei giorni seguenti, ha qualche tensione con il P.C.d’I. per le sue deviazioni di sinistra e la frequentazione di alcuni esuli bordighisti (Aldo Lecci, Bruno Bibbi, Otello Ricieri, ecc.), fuori da tempo dal P.C.d’I. Secondo fonti non controllabili viene diffidato o sospeso temporaneamente e uno degli informatori riferisce che già “da alcuni mesi avrebbe dato le dimissioni da membro del regionale lionese”.

Nel febbraio 1931 Nannetti è segnalato dal commissario di P.S., Borgomanero (un funzionario della polizia in servizio presso il Consolato fascista di Lione), come membro dell’associazione intersindacale, insieme ai comunisti Eugenio Del Magro, Berto Albertini e altri. Lo stesso mese presiede una riunione dei Comitati proletari antifascisti in rue Paul Bert, a cui assistono Famuso, Mario Papucci e altri esuli.

Il 28 giugno 1931 partecipa, a Lione, al Congresso dei patronati delle vittime del fascismo, insieme a Giacomo Bavassano, Enrico Giannetti, Filippo Martelli, ecc., relatore Mario Papucci, e il 26 luglio 1931 interviene, a Lione, al Convegno regionale dei Comitati proletari antifascisti, presenti Gaetano Invernizzi, Mario Bavassano, Carlo Giordana, ecc., relatore Alighiero Bonciani.

In seguito viene sospettato di aver aggredito il 1° novembre 1931 (insieme agli esuli Enrico Giannetti, Alfredo Bonsignori, Manlio Malin, Adriano Vanni, Gaetano Bertini, Ludovico Rossi e Socrate Franchi) i fascisti Tancredi e De Girolamo, reduci dai festeggiamenti per gli anniversari della vittoria nella prima guerra mondiale e della marcia su Roma, colpendoli con bastoni e altri corpi contundenti e chiamandoli: “Assassini, vigliacchi !” La stessa sorte è riservata, poche ore dopo, al fascista Bonino, aggredito a Villeurbanne da Nannetti e Giannetti.

Successivamente il comunista di Boccheggiano si reca ad ascoltare la conferenza, che uno dei fondatori della Concentrazione d’azione antifascista, il saggista Luigi Campolonghi, tiene alla “Salle de l’Unitaire” di Lione sull’attentato compiuto dal socialista Fernando de Rosa contro il principe ereditario Umberto Savoia a Bruxelles. Presenti i bordighisti Otello Ricieri, Aldo Lecci, Bruno Bibbi e Carlo Mazzucchelli, gli operaisti Ludovico Rossi e Alfredo Bonsignori, “una dozzina di anarchici”, il massimalista Ettore Scarmagnan e altri proscritti, Nannetti prende la parola, muovendo forti critiche ai socialisti, in linea probabilmente con la svolta ultrasinistra del partito comunista. Dopo di lui ha interviene nel dibattito Ludovico Rossi, uno dei sovversivi più odiati dai fascisti romagnoli (1), che denuncia la Concentrazione d’azione antifascista e accusa l’Aventino e il P.S.I. di essere i responsabili della sconfitta del proletariato in Italia. L’antico comunista Rossi, in viaggio da qualche tempo verso l’anarchia, accomuna i bolscevichi ai membri della Concentrazione, che non possono essere – afferma – dei rivoluzionari, in quanto sostenitori, gli uni e gli altri, dello Stato.

Nel 1933 Garibaldo viene incluso nella prima categoria dei nemici del fascismo, gli attentatori, insieme a Smeraldo Cignoni, Giuseppe Maggiori, Domenico Marchettini, Robusto Biancani, Goffredo Orlando Bucci, Pilade Grassini, Biagio Cavalli, Alessandro Cinci e molti altri sovversivi maremmani, tutti noti come nemici della dittatura, e alla fine dell’anno è segnalato dal Consolato di Lione, perché partecipa “attivamente al movimento comunista” ed è elemento “pericoloso per l’ordine pubblico”.

Negli anni seguenti Garibaldo vive nella regione rodaniana, fra innumerevoli difficoltà, e nel 1936 deve espiare due mesi e mezzo di reclusione, inflittigli per essersi servito, non avendo propri documenti regolari, del passaporto contraffatto di un altro italiano, certo Angelo Cecchi, dimorante a Beaucaire (Gard). Minacciato da espulsione, Nannetti dichiara che si rivolgerà alla L.I.D.U. e al Comitato per il diritto di asilo e ribadisce che non lascerà Lione, pur rischiando un nuovo arresto ed una nuova condanna. Ancora in Francia allo scoppio della seconda guerra mondiale, viene arrestato il 16 novembre 1940, al momento del rimpatrio. Deferito alla Commissione provinciale di Grosseto per il confino di polizia, è assegnato al domicilio coatto per tre anni e deportato a Ventotene, dove si comporta con dignità. Trattenuto nell’isola fino al 4 novembre 1942, quando viene prosciolto (amnistia del ventennale fascista), è poi partigiano, quindi fa il dirigente sindacale. Verso la metà degli anni Settanta vive a Grosseto.

 

1)Le camicie nere di Ravenna avevano segnalato pubblicamente Ludovico Rossi, insieme a Luigi Mannoni e ad altri sovversivi, fra gli “elementi ritenuti pericolosissimi dal fascismo” («La rivolta ideale», n.1, 6 agosto 1922).

 

[ Scheda di Simonetta Carolini, Fausto Bucci, Aldo Montalti per Radiomaremmarossa ]