Figlio di Remigio e di Teresa Luschi, nasce a Giuncarico (frazione di Gavorrano) il 21 gennaio 1881. Bracciante, è coniugato con Eva Vigetti e conosciuto perché professa apertamente idee sovversive e anticlericali (1). Il 20 settembre 1907 anche a Giuncarico viene commemorata la liberazione di Roma dal dominio pontificio. La popolazione approfitta della celebrazione per dare vita ad una vivace protesta contro il Consiglio municipale di Gavorrano, che si interessa scarsamente delle condizioni della frazione, dove manca da tempo l’acqua potabile. Quando il corteo passa sotto l’abitazione del parroco Gabriele Scarafia (2), dalla folla si levano le grida di: “Morte ai preti, abbasso la chierica, abbasso gli abiti neri” (3) . Il prete si affaccia al balcone e replica: “Bighelloni, vagabondi, chiodaioli, andate a lavorare e pagate i vostri debiti”. Nei giorni successivi vengono denunciate l’ex sindaco repubblicano Giovanni Andreozzi, i socialisti Celso e Guido Baicchi, Raffaello Bargellini (4) e Giuseppe Taddei e altre 13 persone “per disprezzo al culto cattolico” e vilipendio del parroco. Quanto a don Scarafia, egli dovrà rispondere daavanti ai giudici di avere offeso Pietro e Valdo Codacci, Celso Baicchi, Giovanni Biancalani e Angelo Faucci, mentre a Raffaello Bargellini viene contestata l’affissione abusiva di alcuni manifesti sovversivi.
Interrogato il 6 novembre 1907, Celso Baicchi risponde: “Sono Baicchi Celso fu Remigio e di Luschi Teresa di anni 26 e domiciliato a Giuncarico, coniugato con Vigetti Eva, operaio impregiudicato… Mi trovai presente alla manifestazione che fu fatta al semplice scopo di protestare contro il Consiglio comunale perché si voleva l’acqua ed anch’io gridai: “Abbasso l’acqua marcia” ed è vero che io girai una volta sola per il paese gridando cogli altri. Quando si passò per via di Mezzo, per riportare la bandiera alla sala del teatro, si affacciò il parroco Scarafia al terrazzo e ci rivolse le parole: “Bighelloni, vagabondi, andate a lavorare e pagate i vostri debiti” per le quali parole io ho sporto già querela a mio riguardo. Non è vero che io come gli altri passando sotto le finestre dello Scarafia gridassimo: “Morte ai preti, abbasso la chiesa, abbasso il Vaticano”. Ricordo che si cantarellava, ma non ricordo cosa. Io me ne andai subito e non sono stato presente ad altro”.
Ai primi di maggio del 1915 i soldati italiani vengono mobilitati, il conflitto con l‘ Austria-Ungheria è dietro l’angolo. Il 24 maggio l’Italia – il capo del governo è il reazionario Antonio Salandra, il sovrano è Vittorio Emanuele III, detto “Sciaboletta” – dichiara guerra agli Asburgo e le tradotte portano verso le “terre irredente” migliaia di uomini, strappati principalmente al lavoro dei campi. Anche Guido Baicchi – fratello minore di Celso – è chiamato alle armi e mandato in prima linea, dove muore nel novembre 1915, ad appena 27 anni (5). Sei anni dopo, nel gennaio 1921, Celso Baicchi aderisce al P.C.d’I., che si è costituito dopo la scissione socialista di Livorno, e si dà da fare per organizzare la sezione comunista locale.
Il tre marzo 1921 la provincia di Grosseto scende in sciopero per protestare contro i terribili fatti di sangue (una vera e propria guerra civile, con intervento dell’esercito) avvenuti nei giorni precedenti a Firenze, dove una squadraccia ha brutalmente assassinato il comunista Spartaco Lavagnini. I lavoratori di Giuncarico non si limitano ad incrociare le braccia, ma organizzano un Comitato di vigilanza, che è guidato da Umberto Romoli (6), e tre squadre di vigilanza, delle quali fanno parte, fra gli altri, Celso Baicchi, Guido Macii, Enrico Malossi, Alfredo Papini e Francesco Toti: “I componenti le squadre ebbero l’incarico di fermare tutte le persone che si recavano fuori di Giuncarico per loro interessi e solo dopo aver accertati i loro giustificati motivi di assenza rilasciavano agli stessi un salvacondotto così compilato: “Comitato d’agitazione di Giuncarico. Si permette al signor… di recarsi da… per…” Sull’altra facciata del foglio è scritto: “Gruppo comunista di Giuncarico”. Le squadre controllano parecchie persone, tra cui alcuni francesi, giunti nell’abitato a bordo di un’automobile. Finita l’agitazione i carabinieri denunciano Umberto Romoli, Celso Baicchi, Guido Macii e molte altre persone.
Il 19 aprile 1922 in un via di campagna, vicino a Giuncarico, viene scoperto il corpo senza vita di un fascista di 18 anni, ucciso con due fucilate. Le indagini portano alla denuncia di varie persone, fra cui Celso Baicchi, che, del tutto estraneo all’accaduto, emigra clandestinamente in Francia con il figlio Rolando, per sottrarsi non soltanto a una lunga detenzione preventiva, ma anche alle violenze degli squadristi, ormai padroni dell’intera provincia, dopo le spaventose stragi di Grosseto e Roccastrada. Denunziato ugualmente, viene processato in contumacia e assolto nel 1923.
Quattro anni dopo il nostro abita oltr’Alpe, alla Clochette, nel Comune di St. Fons (Rodano), e nel 1928 lavora in un’officina di prodotti chimici. Iscritto dai fascisti nella «Rubrica di frontiera», è segnalato nel 1931 perché “continua a far propaganda di fede comunista” e risulta “abbonato alla stampa del partito”. Nel 1935 il Consolato generale di Chambéry riferisce che Baicchi “milita nel partito comunista, svolge propaganda spicciola dei sentimenti da lui professati e frequenta le riunioni e le manifestazioni del partito”. Lo stesso anno le autorità italiane confermano la sua iscrizione nella «Rubrica di frontiera» per la misura di segnalazione e nel 1937 ripetono che “milita attivamente nel partito comunista e prende parte assidua a riunioni sovversive, svolgendo propaganda dei sentimenti che professa”. Il 22 aprile 1937 Celso viene iscritto, su richiesta del questore di Grosseto, nel «Bollettino delle ricerche», supplemento sovversivi, come “attivo comunista da vigilare e segnalare e il 23 gennaio 1940 (la seconda guerra mondiale è iniziata da quasi cinque mesi, si muore in Polonia, in Belgio, in Francia…) si trova ancora all’estero, quando il Consolato fascista di Lyon comunica al Ministero dell’Interno che “il predetto [Baicchi] dichiara di essere sempre partigiano del comunismo…”
Note:
1 – “I Baicchi… erano gente molto intelligente, erano comunisti convinti,… e anticlericali senz’altro, e erano attivisti del partito comunista tutti e due, uno poi andò in Francia, si allontanarono per ragioni politiche” (Menoni, Giorgio. Test., Follonica, 15 mar. 1995, p.17, AB).
2 – Qualche anno dopo i fatti sopra descritti don Gabriele Scarafia lasciò l’abito talare e la Maremma per trasferirsi a Firenze ad insegnare il greco e il latino. Dopo l’8 settembre 1943 protesse alcuni ebrei, braccati dai nazisti e dai repubblichini, e li ospitò nella sua casa per sottrarli alla deportazione nei campi di sterminio. Scoperto, venne arrestato e incarcerato per qualche tempo.
3 – “La sera del 20 settembre mi trovavo seduto in vicinanza della piazza di questo paese ove suonava la musica. Dopo aver suonato la Marcia reale e l’Inno di Garibaldi, fu suonata la Marsigliese, ed allora quasi tutti coloro che si trovavano presenti al concerto incominciarono a gridare: “Abbasso i consiglieri dell’acqua marcia, abbasso i clericali”… Una buona parte dei dimostranti… seguiti da due bandiere rosse, una delle quali portata da Bargellini Raffaello e l’altra da Bertini Natale, si avviarono lungo la via di Mezzo dopo aver fatto la strada principale. Vidi alla testa del corteo il sig., Giovanni Andreozzi. Non so poi quello che avvenne sotto le finestre del parroco Scarafia perché io non mi mossi dalla bottega…” (Menoni, Giovanni. Deposizione, 3 nov. 1907.).
4- Segretario del Circolo giovanile socialista di Giuncarico, Raffaello Bargellini chiese il 29 ottobre 1908 l’autorizzazione per effettuare un corteo (con bandiera) e far tenere un comizio (oratore Fabio Petrucci). Unitosi ai sindacalisti rivoluzionari, collaborò a «Il martello» di Piombino. Chiamato alle armi nel 1915, morì al fronte.
5 – Guido Baicchi era nato a Giuncarico l’8 novembre 1888 e faceva il bracciante. Su di lui: Giuncarico. Il nostro tributo di sangue per la santa guerra, «Etruria nuova», n.1138, 21 nov. 1915. Oltre a Guido Baicchi e a Raffaello Bargellini, caddero al fronte, durante la prima guerra mondiale, i giuncarichesi Simone Baldi, Gabriello Bicci, Andrea Neri, Adolfo Landozzi, Elia Taddei, Giovacchino Vigetti, Ivo Bicchi, Lorenzo Tognoni, Alduino Pacciardi, Pietro Vannuccini, Albano Montemaggi e Savino Panerati.
6 – Eletto Consigliere Provinciale, Uberto Romoli fu aggredito alla stazione di Giuncarico dai fascisti che, con estrema violenza, lo costrinsero a scendere dal treno insieme al socialista follonichese Gio Batta Santini, socialista e Presidente della Provincia, anche lui pesantemente percosso nella circostanza.
Scheda di Simonetta Carolini, Luigi Paselli, Fausto Bucci.