I fascisti invadono a Livorno l’abitazione del sovversivo Alessandro Chiappe e tentano di ucciderlo a colpi di pistola
Un grave atto di sangue è avvenuto ieri sera in via S. Carlo. Nella detta strada al numero 61, in un fondo ridotto ad abitazione, dimora con la famiglia l’ex lavorante panettiere Alessandro Chiappe, soprannominato “Stoppa”, fu Giovanni, di 62 anni. Il Chiappe cammina a stento, sorreggendosi con due bastoni in seguito ad una grave ferita di arma da fuoco riportata nei tumulti luttuosi del maggio 1898.
Bussano alla porta
Iersera il vecchio “Stoppa” si coricò prestissimo, altrettanto fece la madre di questi, dopo aver chiuso con tanto di catenaccio la porta. Circa le ore 23, il Chiappe udì bussare replicatamente alla porta. Alzatosi e vestitosi alla meglio, sorretto dai bastoni, si approssimò all’ingresso, domandando chi fosse. – Aprite, siamo la forza! – gli fu risposto dalla strada. Lo “Stoppa”, tolto il catenaccio, si trovò in presenza di cinque giovanotti, uno dei quali gli domandò: – Sta qui Giuseppe De Fusco? – No – rispose il Chiappe. – Dove sta? – replicò lo sconosciuto. – Non lo so – rispose nuovamente il Chiappe. [ Il De Fusco è un nipote del Chiappe e dimora nei pressi dell’abitazione dell’ex fornaio ].
Ferito a colpi di rivoltella
Alle risposte negative del vecchio paralitico, si avanzò un altro giovanotto, il quale, impugnando una pistola, disse al Chiappe: – Dove la vuoi? – Il Chiappe, vista luccicare l’arma, alzava il braccio sinistro. Contemporaneamente lo sconosciuto lasciava partire un colpo, ferendo il Chiappe al quarto dito della mano sinistra. Lo “Stoppa” tentò di chiudere la porta, ma altri colpi vennero esplosi dalla strada ed egli cadde al suolo gravemente ferito. Visto cadere il Chiappe, i cinque giovanotti, imboccando la via Crimea, si allontanavano.
I soccorsi
Le detonazioni misero le ali ai piedi ai rari passanti, che sotto la pioggia insistente transitavano dalla via S. Carlo. Passato il primo momento di panico, alcuni cittadini si avvicinarono all’abitazione del Chiappe e constatato che questi giaceva a terra ferito, avvertivano la Pubblica Assistenza. Una squadra di militi della umanitaria istituzione, accorsa prontamente sul posto con un carro lettiga, raccoglieva il ferito, trasportandolo con la massima sollecitudine all’ospedale. Deposto sulla tavola operatoria dell’ambulatorio, il Chiappe veniva denudato. Il dottor Zanotti, visitatolo accuratamente, gli riscontrava le seguenti ferite: Ferita da arma da fuoco a canale completo al terzo medio del braccio sinistro. Ferita di arma da fuoco al quarto dito della mano sinistra. Ferita da arma da fuoco a solo foro di entrata alla regione toracica sinistra, sulla linea ascellare posteriore penetrante in cavità. Il sanitario procedeva alla necessaria medicazione, riservandosi la prognosi. Dopo le cure del dottor Zanotti, il Chiappe veniva ricoverato nella sala Gauthier. Il ferito veniva interrogato dal piantone di P.S. di servizio al nosocomio, agente investigativo Trucillo, il quale avvertiva immediatamente il vice commissario di notturna della Questura centrale, dott. Rescigno. Il funzionario, accompagnato dall’agente investigativo Caporali, si recava subito all’ospedale, sottoponendo il Chiappe ad un interrogatorio.
Chi era il Chiappe
Abbiamo detto che il Chiappe, soprannominato “Stoppa”, era paralitico e a stento camminava sorretto dai bastoni. Ecco a che deve il Chiappe la sua infermità. È tutt’ora tristamente vivo il ricordo dei luttuosi fatti che funestarono varie città d’Italia nel maggio del 1898. Tali fatti, che determinarono il Governo presieduto dal marchese Di Rudinì a proclamare lo stato d’assedio in alcune regioni, vennero originati dall’alto prezzo del pane. A Livorno i tumulti si iniziarono al mattino del 5 maggio con l’assalto alle panetterie. Quindi si ebbe una dimostrazione di cenciaine in piazza Vittorio Emanuele. Altri disordini si verificarono al porto, in via dell’Angiolo, dove venne ferito il delegato di P.S. Angelo Ferrante e in altre strade popolari.
Il fatto più grave avvenne in Borgo dei Cappuccini: mentre si saccheggiavano i forni e si intimava la chiusura degli esercizi, un delegato di P.S. notò sui «Quattro Canti» un assembramento: avendo scorto nella comitiva un sorvegliato speciale, il panettiere Alessandro Chiappe, si avvicinò al gruppo intimando al Chiappe stesso di allontanarsi. Non avendo ottemperato all’ingiunzione del funzionario, il Chiappe venne dichiarato in arresto. Spalleggiato da alcuni amici, il Chiappe si dette alla fuga, rifugiandosi nel portone dello stabile numero 2, in Borgo dei Cappuccini, seguito d’appresso dalla guardia di P.S. Pietro Conti, di 24 anni, da Siracusa. Nel portone, l’agente venne solidamente afferrato dal Chiappe e circuito da una trentina di sovversivi, i quali tentarono di disarmarlo. Nella colluttazione la guardia Conti venne ferita con tre coltellate: due alla fronte e una alla bocca. L’agente, riuscito ad estrarre la rivoltella, esplodeva alcuni colpi, ferendo gravemente il Chiappe alla spina dorsale. Dopo una lunga degenza nello spedale il Chiappe uscì con le gambe semiparalizzate e tutt’ora, come abbiamo già detto, si trovava nella impossibilità di camminare senza l’appoggio dei bastoni.
Oggi al Chiappe, le cui condizioni si mantengono sempre gravi, verrà praticato un atto operatorio” (1).
1) Un ex-operaio panettiere gravemente ferito a rivoltellate in via San Carlo, «Il telegrafo», 1922
(da: Fausto Bucci, Simonetta Carolini. Claudio Gregori,. Gianfranco Piermaria. “Il rosso”, “il lupo” e “Lillo”. Gli antifascisti livornesi nella guerra civile spagnola, Follonica: La ginestra, 2009, p.281-282)