Cronaca di un atto repressivo, tratto da l’ Avanti! del 1909
Avanti! 3 Febbraio 1909
UN ALTRO SANGUIN0SO CONFLITTO
La forza spara sul popolo 1 morto e numerosi feriti.
Si ha da Piancastagnaio: una viva e intensa agitazione regnava fin dal 31 fra i lavoratori della terra, uniti in lega di miglioramento. Motivo della loro agitazione era il rifiuto opposto dai padroni alla concessione delle terre in
affitto. Il Sindaco aveva cercato tutti i mezzi per calmare gli uomini e per contentare gli operai nei loro desideri, invitando e pregando i proprietari a concedere le terre in affitto.
A questo proposito Giovedì 14 u. a., egli chiamò alla sua presenza e a quelli degli operai i principali proprietari del paese, ma il numero degli intervenuti fu assai scarso. La discussione lunga ed animata non portò a nulla di
concreto.
Di qui cominciò il malcontento generale e domenica 24 i leghisti tennero un comizio pubblico sulla Piazza Belvedere e fecero una dimostrazione per le vie del paese.
Dopo sembrò che le cose veramente piegassero nel meglio.
Il tenente dei Carabinieri e il delegato, mandati sul posto per la circostanza riuscirono a calmare gli animi. Sembra che i padroni fossero disposti a fare delle concessioni. Il Signor Rosselli poi si era impegnato a dare tutte
le sue terre in affitto e ad occupare quanti più operai poteva nello stabilimento minerario del Siele.
Poi improvvisamente l’agitazione si é rincrudita ed ha avuto ieri il suo epilogo doloroso.
Ieri furono arrestati due leghisti che contavano l’inno dei lavoratori. Alle voci supplichevoli del popolo e del Signor Sindaco che reclamavano la scarcerazione dei due, il delegato fece rispondere col fuoco. Vi furono un morto e molti feriti gravi, tra cui donne e bambini.
Ferve grande agitazione per le famiglie immerse nel lutto, e per il mancato lavoro.
LE NOTIZIE UFFICIALI
Siena – (Stefani). Ieri sera in Piancastagnaio alcuni contadini cantavano l’inno dei lavoratori sotto quella caserma dei Carabinieri intercalandolo con oltraggi. E’ stato proceduto all’arresto di due di loro. Sono subito affluite circa 300 persone appartenenti alla lega ed hanno schiamazzato chiedendo la scarcerazione degli arrestati, scagliando sassi ai vetri della caserma e tentando di aprire la porta di ingresso.
Sono accorsi il delegato di Pubblica Sicurezza e i carabinieri. E’ stato proceduto all’arresto di 4 tumultuanti respingendo i riottosi, mentre alcuni militari esplodevano colpi di rivoltella. I ribelli allora si sono allontanati continuando la sassaiola e sparando colpi di fucile.
Si sono recati sul luogo il sotto prefetto di Montepulciano ed il maggiore dei carabinieri per procedere ad una inchiesta. E’ rimasto ucciso nel conflitto tal Noretta Giuseppe leghista e ferito alle gambe tal Riva Enrico, di
anni. 52, pregiudicato, colpito da arma da fuoco, nonché legermente per colpi di pietra il delegato di pubblica sicurezza ed un carabiniere oltre ad altri militi.
LE NOTIZIE E I PROVVEDIMENTI DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE
Ci telefonano da Bologna, 2:
La federazione nazionale dei lavoratori della terra, che ha la sua sede a Bologna, fu interessata fin dal 17 gennaio dalla lega di Piancastagnaio ad intervenire in trattative con i proprietari del luogo per ottenere lavoro e a
stabilire nuove condizioni. La federazione interessò il Sindaco a far pratiche mettendosi a sua disposizioni per ulteriori trattative, e il Sindaco rispose ieri l’altro che le cose erano a buon punto e sperava in una lieta soluzione e che perciò non si riteneva necessario l’intervento della federazione. Ieri però arrivò un telegramma della lega il quale narrava brevemente il luttuoso conflitto avvenuto.
Ecco la versione data nel dispaccio:
“Due leghisti cantavano l’inno dei lavoratori
perciò furono arrestati: gli altri leghisti ne chiesero la
liberazione, e invocarono dal Sindaco del lavoro; allora il
delegato senza nemmeno rispondere avrebbe ordinato il fuoco;
morì un operaio e rimasero feriti donne e bambini.” Il segre-
tario della lega chiedeva il pronto intervento di un rappre-
sentante della federazione, la quale ha inviato subito sul
Luogo il proprio ispettore Nino Marroni.
Piancastagnaio è un bel paesetto della provincia di Siena sulle falde dell’Amiata, al confine quasi della provincia romana. Come presso a poco in tutti i paesi della parte bassa della toscana (province di Siena e Grosseto) vi si riscontrano le stesse caratteristiche dei paesi del Lazio: poca
terra coltivata intorno all’abitato, immenso, sterminato latifondo incolto in tutto il resto.
Perciò i contadini di Piancastagnaio e quelli di Radicofani, di Pitigliano, di Sorano, di S. Quirico ecc, si agitano somiglianza dei contadini del Lazio per la coltivazione della terra da conquistare.
Vi sono diritti civili o non vi sono, questo é certo: che si trovano a migliaia i lavoratori atti a coltivare la terra, si trovano a migliaia gli ettari di terra da coltivare, ed una forza antisociale fa rimanere i lavoratori inoperosi e le terre incolte.
Piancastagnaio e gli altri paesi della bassa Toscana sono stati percorsi dai propagandisti della camera del lavoro di Roma: e non sono ancora tre anni, in occasione di uno sciopero di minatori del mercurio nella vicina Abbadia San Salvatore, fu costituita colà una lega di resistenza fra i conta
dini. Scopo della lega era principalmente quello di ottenere terra da lavorare.
Piancastagnaio oltre agli splendidi boschi di castagni a ridosso dell’Amiata, che danno il nome al paese, ha nella sottostante vallata del Paglia, pianure vastissime che possono essere messe a proficua coltivazione, ma così pare nonla pensino i latifondisti locali.
Ed ecco la ragione prima di questo nuovo crepitar di fucili , che ha fatto bagnare di sangue una delle più ridenti e gentili plaghe d’Italia. Ormai siamo a questo: le moltitudini delle campagne non inalberano più il tradizionale motto pane e lavoro, vogliono lavorare soltanto, lavoro su terre che sono incolte. La camera del lavoro di Roma ha telegrafato ad Angelo Tondi, consigliere comunale socialista di Abbadia San Salvatore perché si rechi a Piancastagnaio per compiere una rigorosa inchiesta sui fatti e riferire poi alla Camera del lavoro di Roma.
AVANTI 4 Febbraio 1909
IL CONFLITTO DI PIANCASTAGNAIO
I carabinieri sparano per circa un’ora, quasi duecento colpi contro gli inermi. I fuggenti?
(nostra corrispondenza)
Nino Marroni ispettore propagandista della federazione
nazionale dei lavoratori della terra, e nostro corrispondente
per le lotte agrarie, ci manda:
MONTE AMIATA (Siena), 2 – Giungo ora alla stazione di
Monte Amiata mentre vi si trasportano 3 feriti nell’eccidio
di Piancastagnaio, in attesa della diligenza per recarmi in
luogo interrogo questi disgraziati. E sono in grado di asso-
dare questo orribile particolare. Il fuoco degli agenti del-
l’ordine è durato lungamente, forse un’ora. E’ durata anche
quando la folla era dissipata. Si sparava all’impazzata dal-
la porta della caserma e dalle finestre.
Infatti Concetta Benedetti è stata ferita alla gamba
destra, quasi un’ora dopo il fatto, mentre si recava, nei
pressi della caserma, a ricercare, in preda a viva agitazione
il suo figliolo.
La ferita afferma che quando venne colpita, nella piazza
non vi era più alcuno. Anche Guidotti Antonio, bracciante,
di anni 39, dopo molto tempo, un’ora circa, egli afferma,
si recò in prossimità della caserma per avere notizie del
figliastro. Cadde esso pure ferito ad un piede, il Guidotti
afferma che la forza sparava all’impazzata.
Angelini Novaro, il terzo ferito, è un fanciullo di 14
anni. E’ ferito ad un fianco. Cadde colpito mentre era lonta-
no dalla caserma mezzo chilometro.
In quel momento ogni assembramento era finito.Ma i cara-
binieri continuavano a sparare dalla finestra, non aggiungo
parola.
Queste le crude testimonianze dei feriti. Mi sono pro-
posto di astenermi dal colorire i fatti.
Parto per Piancastagnaio ove raccoglierò i dettagli pre-
cisi della brutale tragedia.
Intanto posso dirvi la impressione analoga della pub-
blica opinione, i più uniti dicono che il delegato aveva perduto la testa.
Piancastagnaio é un paese tranquillo. La scintilla alla
dimostrazione originò dal fatto che i carabinieri arrestarono
alcuni operai che cantavano l’inno dei lavoratori. La folla
reclamò la liberazione degli arrestati, volarono, pare, alcu-
ni sassi contro la caserma:” pochi e piccoli sassi”. Così
affermava stamani il veterinario di Piancastagnaio, che non
potrebbero giustificare l’atroce carneficina.
Quale imprenscindibile necessità di difendere la vita
può ravvisarsi nella condotta della forza che uscì dalla ca-
serma e sparò, sparò ferocemente anche quando la folla era
dileguata, dalle porte e dalle finestre?
Ecco la domanda che contiene una terribile accusa.
Quanti sono i morti e i feriti? E’ difficile da qui appurare
le voci che corrono, si parla di 2 morti e di 34 feriti. E
si raccontano particolari di ferocia e di cinismo sul quale
ho il dovere di tenermi riservato.
Parto ora pel lungo della tragedia, dalla quale mi divi-
dono cinque lunghe ore di carrozza, e di là vi manderà altri
particolari.
Nino Marroni
NON CI FU NECESSITA’ DI DIFESA DA PARTE DELLA FORZA
Siena 2 (g) – Un collega ha interrogato la madre del
14enne- Angelino Novara ferito, trasportato in questo ospedale
La poveretta ha narrato che furono arrestati tre giovani
perché cantavano l’inno dei lavoratori; e siccome la popolazione voleva che fossero rilasciati, così i carabinieri cominciarono a fare uso delle armi.
Dapprima tirarono sulla folla colle rivoltelle dalla
rada, poi dalla finestra coi moschetti. Avranno tirato più
200 colpi! i morti sono 2, uno ferito è moribondo ieri fu
fatta l’amputazione di una gamba. Di più vi sono 44 feriti
che sono rimasti a Piancastagnaio. Il mio bimbo, eccolo
qui, non ha fatto nulla ed ha una palla nella coscia sinistra.
– Ma- ha domandato il collega- da parte della folla
non si trascese a violenze? non volarono sassi contro i cara-
rabieri? – Macché – rispose la donna – si gridava e nulla
più! E poi si figuri, il sindaco si intromise per ottenere
il rilascio degli arrestati, il delegato gli rispose:
oggi, qui comando io! lei se ne vada se non vuole che tiriamo
anche a lei!
L’impressione a Siena é enorme; ed accresciuta dallo
spettacolo triste dell’arrivo dei feriti, e dalle loro gravi
narrazioni.
GRAVI NOTIZIE CONTENUTE IN UNA LETTERA PRIVATA
Delegato e carabinieri non correvano pericolo di sopraffazione.
Ci é stato presentato da comuni amici un signore serio
per matura età e per abitudine e cultura, che é nato a Pianca-
stagnaio, ma è impiegato a Roma. Ha avuto notizie dirette
dal paese, e, conversando con noi e con i comuni amici, ha
espresso giudizi gravissimi sull’eccidio.
– La nostra popolazione ha detto – é d’indole mitissima
rifugge dai disordini, e per carità non si parli di politi-
ca! Ci sono dei signorotti che vorrebbero far sempre la parte
di Don Rodrigo, e le loro prepotenze hanno dato origine alla
formazione della lega, questo è tutto –
Non crede lei che la forza abbia sparato per difendersi?
ma niente affatto! le notizie mi sono giunte da persona che
non ha interesse né natura alcuna di esagerare e tanto meno
di schierarsi a fianco dei leghisti: sono certamente sincere
perché non destinate alla pubblicità. Si tratta di una let-
tera della madre di mia moglie. Ebbene queste notizie sono
gravissime. I carabinieri hanno continuato a sparare per molto
tempo; hanno ferito donne e bambini difatti i feriti leggeri
sono molti; in gran parte donne e bimbi e si sono curati al-
l’ambulatorio della farmacia. Bisogna dire che i carabinieri
fossero ubriachi, non si può spiegare altrimenti. Sentite:
In così dire il signore ha cavato fuori la lettera scrit-
ta in una calligrafia femminile abbastanza chiara si è messo
a leggere. Spiacenti di non poter dare copia per esteso, il
signore, o perché non socialista, o perché impiegato, o per
non avere noie, non ci ha permesso di. copiare. Ne diamo il
sunto abbastanza fedele.
” Carissimi, segno sotto l’impressione di sgomento e ai sdegno. Ieri sera parve che il nostro tranquillo paese fosse in rivoluzione. Giorni sono la lega dei lavoratori campagnoli, in vista anche della disoccupazione si presentò in rappresentanza al sindaco, pregandolo di interessarsi presso i proprietari, e da loro, mediante congruo terratico,dei terreni incolti da lavorare, il sindaco aderì subito alla loro richiesta, ma non vi fu possibile alcun accordo, non so se in conseguenza della ostinatezza dei proprietari; ovvero per le pretese dei leghisti “.
Fallite queste trattative, la lega il giorno seguente, scrisse al sindaco per avvertirlo che nella prossima domenica tenuto nella piazza Belvedere un pubblico comizio per protestare contro il rifiuto opposto dai proprietari. In seguito a che il sindaco avverti la competente autorità di Montepulciano la quale mandò sul luogo un delegato ed un rinforzo di carabinieri.
Venne intanto la domenica 24 Gennaio sia per le tratta-
tive intercalate dal delegato, il comizio non ebbe più luogo,
nella speranza che, conforme le promesse dal medesimo fatte
alla lega, i delegati avrebbero finito per accontentare i le-
ghisti. Le pratiche senza alcun risultato durarono tutta la
settimana e così si giunse con gli animi inaspriti dalla de-
lusione ai giorno dell’eccidio che fu domenica 31.
Alcuni leghisti, un po’ avvinazzati si misero dopo mezzo
giorno a percorrere le vie del paese canterellando l’inno dei
lavoratori con qualche innocuo schiamazzo. I carabinieri
inconsultamente vollero arrestare quattro degli appartenenti
alla lega. Gli altri allora adirati si diressero verso la
caserma dei carabinieri, per invocare la liberazione dei lo-
ro compagni. Il sindaco che anche perché prevedeva serissimi
guai, andò sollecito dal delegato per supplicarlo a rilasciare
gli arrestati. Disgraziatamente pure alla supplica del sinda-
co pare che il delegato tenesse duro. La folla intanto si
era ingrossata, massima di curiosi, fra cui donne e ragazzi.
Ad un tratto non si sa bene se in seguito a tumulto della fol-
la, il delegato ordinò il fuoco, ed i carabinieri pronti:
cominciarono dalle finestre della caserma a vomitare varie
scariche di fucileria, lasciando morti sul colpo tal Moretti,
ferendo gravemente molti altri, a due dei quali per salvarli
fu amputata subito una gamba, molti dei feriti sono ragazzi
e donne. Il paese i come sbigottito di terrore. Chiusi tutti
i negozi. Il delegato é scappato; i carabinieri sono chiusi
in caserma, in attesa che arrivi la truppa.
Non si spiega l’operato del delegato e dei carabinieri
perché ammesso anche che dalla folla venissero tratte delle
sassata alla caserma, tanto il delegato che i carabinieri
non correvano alcun pericolo di sopraffazione.
I FERITI RICOVERATI A SIENA
Siena 3 per telefono.- I feriti in stato grave giunti
all’ospedale di Siena sono: Capocchi Concetta, di anni 44,
la quale ha tre ferite di arma da fuoco, di cui una alla te-
sta; Angelini Novaro, di anni 14, ferito con arma da fuoco
all’anca sinistra; Guidotti Antonio, ferito d’arma da fuoco
alla gamba sinistra. Per tutti e tre é riservata la prognosi.
I feriti parlano di due morti, Perugini Francesco e Sborgi
Giuseppe.
I PRECEDENTI
Una pacifica occupazione delle terre – Un processo.
Firenze, 2 – Il Nuovo Giornale fa la storia dei pre-
cedenti di questo fatto, ve la riassumo: i contadini accampa-
no da vario tempo dei diritti di terratico su certi possessi
ed hanno avuto da vario tempo quelle terre a certe date condi-
zioni che l’anno scorso e quest’anno i proprietari non voleva-
no più mantenere.
I contadini che avevano in affitto le terre dei proprie-
tari dovevano in compenso somministrare ai padroni una data
quantità di. grano per ogni staio di seme di terreno e di più
la metà dei cereali e delle biade raccolte.
L’anno passato nel mese di Febbraio la maggior parte dei
proprietari, consentì é vero , alle richieste dei leghisti,
tranne uno solo, uno dei più facoltosi possidenti, tale Gero-
lamo Borghi il quale nonostante i sereni consigli che gli veni
vano da ogni parte non volle mai accettare nuovi patti. Questa
inconsulta cocciutaggine fu causa non lieve dell’inasprimento
dei leghisti.
I leghisti la sera del 1 Febbraio dell’anno scorso si riunirono nei locali della lega, muniti degli strumenti agri-
coli e si diressero in gruppo con la bandiera spiegata e con
l’asta montata, verso le 10 di sera in località detta Paicci
di proprietà Borghi; e colà fruiti piantarono la bandiera del-
la lega nel luogo in segno di conquista.
Rimasero sul posto tre giorni e tre notti senza nulla
toccare, astenendosi dal lavoro, malgrado le intemperie e
il freddo, tali che disgraziatamente si dovette perfino de-
plorare la morte di un leghista per polmonite.
Trascorsi tre giorni nella massima tranquillità, comincia-
rono a dissodare il terreno.
I componenti della lega furono immediatamente denunziati,
per contravvenzione agli Art. 1 e 7 della legge di pubblica
sicurezza perché si recarono senza il dovuto permesso delle
autorità e marciarono processualmente alla volta di Paicci.
Il signor Borghi denunziò per conto suo i fatti su rife-
riti, si che i leghisti furono anche imputati del delitti di
“Violenza turbativa di terreno” (Art. 423 c. p.)
L’istruttoria fu affidata al giudice istruttore di Monte-
pulciano il quale escluse numerosi testi e giunse con una lunga
ed elaborata ordinanza di rinvio al giudizio del tribunale
di 17 leghisti sotto le imputazioni suddette.
La causa fu portata dinanzi al tribunale di Montepulciano
il 19 Gennaio.
La difesa rappresentata dagli avvocati Valsecchi di Siena
e Fabbrini di Grosseto , dimostrò l’enorme gonfiatura del
processo e ridusse le cose nei loro veri e logici termini ri-
ducendo la colpevolezza degli imputati nella semplice contrav-
venzione onde al dibattimento sfumarono completamente i fatti
e gli addebiti di violenze e minacce ecc.
Dietro l’efficace difesa il tribunale, dopo essere stato
a lungo nella camera delle deliberazione emetteva sentenza
di assoluzione in ordine ai delitti imputati e condannò ciascu-
no dei leghisti a L. 100 di multa per contravvenzione.
Ciò dispiacque molto ai proprietari che si ripromettevano
dal tribunale una sentenza partigiana a loro favore tanto che
il giornale senese “La vendetta” provò a farsi eco di questi
dispiaceri mal celati pubblicando qualche giorno appresso una
corrispondenza da Montepulciano, la quale, dopo aver censurato
l’operato del tribunale di Montepulciano invocava la giusti-
zia riparatrice della corte di appello.
L’appello fu difatti interposto da quel procuratore ge-
nerale e la causa portata dinanzi ai giudici di 20 grado, mal-
grado la strenua difesa dell’onorevoìe Sarrocchi, veniva revo-
cata la sentenza del tribunale di Montepulciano e i leghisti
furono condannati a pene variabili dai tre ai sei mesi di reclusione, senza il beneficio della legge del perdono.
Ciò soddisfece i proprietari di terre e naturalmente que-
sti precedenti hanno molto contribuito ad accrescere l’inasprimento degli animi in quella località.
Avanti ! 4 Febbraio 1909
DOPO L’ECCIDIO DI PIANCASTAGNAIO
(cosa dicono i feriti)
G.G. ci scrive da Siena, 4 i feriti interrogati da alcuni colleghi hanno confermato le accuse contro i carabinieri. Il Guidotti ferito alla gamba sinistra ha detto: – ” Creda che la folla non scagliò alcun sasso né trascese ad alcuna violenza contro i carabinieri. Erano donne, bimbi e bimbe che
reclamavano la liberazione degli arrestati e alla testa vi era il sindaco che si mise in ginocchio dinanzi al delegato dicendogli ” – ” Rilasci gli arrestati; a Piancastagnaio non é mai successo alcun disordine ed alcuna rivolta, perché vuole oggi che avvenga qualcosa di serio? ” .
Tutto fu inutile: il delegato scacciò il sindaco dicendo
– ” Lei se ne vada oggi qui comando io “-
Poco dopo il delegato cinse la sciarpa ed ordinò il fuoco. I carabinieri prima tirarono da terra, indi dalle finestre con i moschetti, contro la folla. I feriti in maggior parte sono bambini e donne; i morti sono due e forse a quest’ora saranno tre poiché uno era moribondo.
– ” Non dia retta – Mi ha soggiunto il Guidotti eccitandosi – non dia retta; la folla non commise alcuna violenza.”-
I RINFORZI SPAVALDERIE INOPPORTUNE
Siena, 5 – Mandano da Piancastagnaio: Giunsero ieri qui
il sotto prefetto, il giudice istruttore e il procuratore del
Re, un maggiore dei carabinieri, due capitani, due tenenti e
SO carabinieri. Gli arrestati sono stati tradotti alle carceri
circondariali di Montepulciano in pieno giorno quando numerosa
gente d’ogni età e sesso usciva dalla chiesa, in mezzo ad un
grande apparato di forza, suscitando grandissima impressione
nel popolo stesso.
Come vi informai, é morto Perugini Domenico, la seconda
vittima. Paladini Francesco, altro dei feriti gravi é in fin
di vita.
Avanti! 7 Febbraio 1909
IL MACELLO DI PIANCASTAGNAIO
(da un nostro inviato speciale)
Piancastagnaio, 4.
Piancastagnaio è un grosso paese di montagna appollaiato su un terreno roccioso, costituito da una rete di stradicciole anguste accidentate.
La caserma dei carabinieri è nel centro del paese: ha tre facciate che guardano la piazza, Via Garibaldi e Via Umberto.
Tutt’intorno, nella piazza fronteggiante, nelle vie laterali, fin dove era aperto lo sbocco alle scariche, per un raggio di 200-300 metri i muri sono segnati da croci rosse. Sono i segnali che l’autorità principale ha fatto mettere nei punti colpiti dalle palle delle revolverate e dei moschetti.
Si notano le scalfitture e i fori dei proiettili di rimbalzo anche fuori di tiro. Se le palle non hanno seminato la morte in tutto il paese devesi unicamente al fatto che le viuzze angolose non hanno consentito ai massacratori un più largo raggio. I segni che si vedono sui muri sono circa un centinaio.
Il fuoco è durato suppergiù tre quarti d’ora.
La popolazione è indignata, di una indignazione mista di stupore. Essa non pare ancora persuasa della incredibile verità.
CHE COSA DICE L’OPINIONE PUBBLICA
Ho parlato con le più eminenti persone del paese, il Dott. Borsari, il Dott. Fedro Ricci, il consigliere comunale Mariano Ricci, il sindaco Carlo Barbini, l’arciprete: tutti unanimamente hanno fiere parole di sdegno contro la barbaria consumata dalla forza pubblica.
Notate che tutti questi signori non hanno nulla a che vedere con idee sovversive. Il sindaco ha mandato al Ministro dell’interno un vibrato telegramma che è tutta una denuncia contro l’operato delle autorità. Il governo naturalmente si guarderà bene dal rendere pubblico questo telegramma della massima autorità del paese L’indignazione fra questa gente, è anche maggiore perché tutte le notizie dei giornali giunti fino quassù sono ricalcate sui comunicati bugiardi delle autorità.
Figuratevi che si ha la sfrontatezza di parlare di “folla armata di fucili”! Il sindaco da me intervistato, mi ha detto che il delegato di pubblica sicurezza (il quale è responsabile diretto della tragedia) gli ha dato l’impressione di un
impulsivo.
L `Arciprete, voi vedete dunque quale unaminità di giudizio, mi ha detto che la ferocia usata contro la folla è assolutamente inesplicabile. La forza doveva aver perso la testa – siamo di fronte a un vero episodio di follia contagiosa – la brutalità è stata smisurata – forse è questo – nella dolo-
rosa storia degli eccidi che hanno macchiata l’Italia, l’episodio più ricco di malvagità e di ferocia.
Non bisogna dimenticare per un giudizio sereno l’indole assolutamente mite della popolazione. E ciò aggrava la responabilità degli agenti.
PROVOCAZIONE INCREDIBILE. ANCHE DOPO IL MASSACRO LE AUTORITA’ SFIDANO IL DOLORE DELLA POPOLAZIONE
Ciò che è accaduto, anche dopo il fatto, vi dia una idea della incoscienza, bisognerebbe dire del cinismo, alla quale è giunta l’autorità.
Mentre la popolazione è in preda ad un infinito dolore, il delegato responsabile dell’eccidio passeggia per le vie del paese.
Non solo non lo si è dichiarato in arresto, ma non lo si è neppure immediatamente allontanato da questa terra che lo sciagurato ha immerso nel lutto. Questo contegno delle autorità è delittuoso quanto l’eccidio!
Ma qualche cosa di peggio è avvenuto. Ieri, giorno di festa, mentre circa un migliaio di persone uscivano dalla messa, dalla caserma che prospetta la chiesa, l’autorità faceva il trasporto degli arrestati i quali passarono davanti ai parenti e alla popolazione stretti nelle manette.
Un fremito passò fra quella massa di popolo. E’ merito del presidente della lega e di vari influenti cittadini se lo scoppio della indignazione non assunse una forma tragica.
Ma se un’altro lutto avesse addolorato questo paese, di chi sarebbe la colpa? della popolazione o della autorità cinica e spavalda?
La cosa è tanto grave che non può trovare giustificazioni.
Piancastagnaio è un paese nel quale alle 20 le vie sono deserte. C’era proprio bisogno di scegliere l’ora della messa per trasportare i detenuti!
DUE MORTI E QUINDICI FERITI DEI QUALI DIECI GRAVI E UN ALTRO MORIBONDO
I morti sono: Moretti Giuseppe, di. anni 25, morto subito.
Fu colpito da proiettili di. fronte alla caserma. Questi ed un ferito, il Guidotti, sono gli unici che, tra i colpiti, appartenessero alla lega contadina.
Perugini Domenico é morto ieri, aveva 57 anni. Faceva il commerciante e se ne andava per i fatti suoi . Fu estraneo alla dimostrazione. Venne colpito assai distante dalla caserma nel luogo indicato nello schizzo che allego (nel giornale man ca n.d.r.)
I feriti sono:
Paladini Francesco d’anni 28, ferito al torace, coscia e avambraccio destro da revolver. Riva Enrico di anni 54, ferito alla gamba da moschetto.
La gamba gli venne amputata la sera stessa. Egli per di più è ferito da revolver alla scapola sinistra. Guidotti Antonio di 39 anni, ha la tibia perforata completamente da revolver.
Angelini Novaro di 15 anni, è ferito profondamente alla regione inguinale.
Benedetta Concetta di 46 anni, ha quattro ferite alla gamba sinistra.
Conti Martino di 18 anni, ha due ferite alla coscia ed una al braccio.
Dionisi Giuseppe di anni 52, è ferita alla gamba da mitraglia.
Stolzi Gabriello di anni 50, è pure ferito da revolver alla gamba.
Sbrolli Domenico di 50 anni, é ferito da revolver alla gamba.
Battaglini Luigi, di 7 anni, ha due ferite alla mano ed una all’inguine.
Questo ferimento dimostra come si sia sparato all’impazzata. Sono poi feriti leggeri: Moretti Lorenzo di 61 anni, Santelli Filippi di anni 68, Rosati Giuseppe di. 60 anni, Nanoni Assunta di 19 anni, ferita pure da una mitraglia al piede.
Non é detto che qualche altro, ferito leggermente, non sia curato a domicilio.
PRECEDENTI DELLA TRAGEDIA
Bisogna per l’esattezza dire, ” precedenti indiretti
della tragedia”, giacché i fatti odierni sono stati occasiona-
li, incidenti che sono comuni in ogni paese, specialmente nei
giorni festivi. A Piancastagnaio esiste una lega di contadini.
la quale si agita da tempo per il riconoscimento di un dirit-
to che pur non essendo scritto nei codici non ammette discus-
sioni: il diritto alla vita. Di fronte ai proprietari i quali
tengono le terre incolte abbandonandole al pascolo, i conta-
dini domandano di lavorare. Chiedono cioè che siano date loro
le terre a compartecipazione per redimerle con la fatica, dal-
lo stato di abbandono.
Di qui la contesa nella quale sono recentemente interve-
nuta anche l’autorità municipale e la federazione nazionale
dei lavoratori della terra.
La lega da parte sua si mostrò di. una condiscendenza vera-
mente ammirevole. Ma visto che le cose andavano per le lunghe,
deliberò di fare un comizio e di intensificare l’agitazione.
L’autorità municipale si allarmò forse troppo. Essa che
ben conosce la popolazione non poteva avere ragione di timori.
Fatto sta che si chiamarono rinforzi, vennero mandati qui vari
carabinieri e un delegato.
Questi promise di appianare ogni divergenza e la lega
sospese anche il comizio il quale, anche se tenuto, non sa-
rebbe poi stato la rivoluzione sociale!
ha la rivoluzione non veniva ancora. Eravamo a questo
punto quando sono scoppiati gli incidenti che determinarono
l’eccidio.
ARRESTATI PERCHE’ CANTAVANO L’INNO DEI LAVORATORI
Domenica, verso le 18, una comitiva di alcuni operai
cantava l’inno dei lavoratori. I carabinieri aggiungono che
si pronunciavano parole di scherno contro la forza pubblica,
ma io non ho trovato un solo testimone che confermi questa
versione.
Fatto sta che due dei componenti del gruppo i quali, no-
tatelo, erano alticci, vennero arrestati, Si formò subito un
assembramento dei parenti degli arrestati che andò man mano
ingrossando recandosi sotto la caserma dei carabinieri e gri-
dando: – ” lasciateli non hanno fatto niente! – a questo pun-
to intervennero il sindaco e il presidente della lega che entrarono in caserma per patrocinare la causa degli arrestati.
In proposito ho voluto raccogliere informazioni dal sin-
daco stesso, dal capo lega e dal signor :lariano Ricci, presenti al colloquio.
Riferisco senza aggiungere parole, né colore.
LE TRATTATIVE PER IL RILASCIO DEGLI ARRESTATI
Il delegato di pubblica sicurezza non era presente, giun-
se poco dopo. Il sindaco lo scongiurò ripetutamente con
le lacrime agli occhi perché rilasciasse gli arrestati, ren-
dendo la tranquillità al paese. Il delegato insisteva: “non
si può, non si può!!!
Intanto la folla di fuori (300 persone circa) continuava
a strepitare. Parve ad un certo punto che il delegato cedesse.
Il sindaco lo implorava: “mi autorizzi a dire alla folla che
gli arrestati saranno rilasciati . * . Ella potrà poi retroc-
re se lo crederà . . . ma ora, per scongiurare dolorose conse-
guenze, ridia la tranquillità alla folla .
Il delegato parve cedere. Gli arrestati vennero tolti
da una cella e portati in una stanza attigua. Ed il sindaco
e il capo lega si portarono al balcone per parlare alla folla.
Non vi riuscirono. Lo strepito era troppo forte. Ritiratisi;
un sasso colpì la finestra.
REVOLVER IN PUGNO E AVANTI
A questo punto il delegato perse la testa. Si lanciò verso
1 `uscita gridando ai carabinieri: “Revolver in pugno e avanti!”
E mentre i due arrestati erano rinchiusi in camera di sicurez-
za, i carabinieri col delegato in testa, si precipitarono fuo-
ri dalla caserma, con la rivoltella tesa. La folla ingenua di
questo mite paesello non fuggì. Era in lei l’assoluta sicurez-
za che non si sarebbe sparato. Nessuno, assolutamente nessuno
lo constato ora nel fare questa inchiesta; avrebbe supposto
che la forza potesse far fuoco. Il delegato gridò: – Scioglie-
tevi! – e poi s’udirono alcuni colpi sparati in alto nel para-
I Piglia si fecero altri quattro arresti. La scena si svolse
fulminea. Mentre qualche sasso volava contro la caserma, la
forza incominciò il fuoco con le rivoltelle.
Lo strepitio sinistro si fece nutrito. Cadde il primo
morto. La folla si sbandò inorridita. ti conviene mettere
in chiaro la orribile sproporzione fra la debole sassaiola
e la feroce scarica delle rivoltelle.
Le viuzze che fiancheggiano la caserma sono tutte lastri-
cata alla guisa caratteristica dei paesi montanari. Alla fol-
la sarebbero mancati i proiettili; i sassi lanciati furono
pochi e piccoli. La sassaiola non ha nulla a che fare con al-
tre lanciate di sassi che caratterizzano la maggior parte dei
sanguinosi incidenti accaduti in Italia fra la forza pubblica
e la folla.
Prova ne sia che la caserma la quale ha numerosissime
finestre e tre piani, ebbe rotti una decina di vetri in tutto
nessun grave danno alle imposte né segno di violenza.
LA SECONDA FASE DEL MASSACRO – LA FORZA RIENTRA IN CASERMA E SPARA DAI BALCONI FUCILATE DA TUTTI I LATI DELLA CASA! IL FUOCO DURA PER 3 QUARTI D’ ORA! LA CACCIA ALL’UOMO – SI FERISCONO DONNE, BAMBINI, CURIOSI.
Se pur quei militi forsennati che avevano scaricato le rivol-
telle contro la povera gente inerme possano cercare una giustificazione della loro ferocia, in un sentimento di ingiustificato timore, quale può trovare la seconda fase del fatto?
Qui é veramente un documento di cannibalismo. La forza
si ritrae in caserma; chiude la porta e sale ai piani superiori;la folla é fuggita; la piazza e le viuzze seno quasi deserte: non vi si indugiano che persone atterrite chiedenti, in modo convulso, notizie dei propri cari e pietosi che raccolgono i feriti. Qualche povera donna ha udito gli spari e accorre… Ebbene: questi feroci militari sono alle finestre e sparano, sparano, sparano… con le rivoltelle, coi moschetti!!! E non solo fanno fuoco verso la facciata della caserma, in via Garibaldi, ma si affacciano agli altri lati della casa e di là scaricano le armi.
La caserma divenne un forte a tre lati.
Vi ho già detto ieri di una donna colpita mentre accor-
reva a chiedere del figliolo. Molti furono colpiti così. Uno
dei morti, il Perugini, non aveva affatto partecipato alla
dimostrazione. Se ne andava a casa tranquillamente. Fu colpito
lontano, più di 100 metri dalla caserma. La palla non lo toc-
cò direttamente. Fu certo mitraglia di rimbalzo. Un colpo di-
retto non l’avrebbe potuto colpire.
Eccezione fatta per tre o quattro colpiti nella prima
fase, quasi tutti gli altri furono feriti di mitraglia a gran-
de distanza dalla caserma.
Le palle giungevano sibilando fin dove la strada non face-
va ostacolo: poi si frantumavano nel muro colpendo all’impaz-
zata. Se Piancastagnaio invece di essere un aggruppamento di
povere case tagliuzzate da stradicciole brevi, fosse un paese
dalle vie ampie, e la caserma avesse intorno un ampio orizzon-
te di tiro, a quest’ora i massacrati sarebbero centinaia, poi-
ché arbitri del massacro furono soltanto l’ostacolo dei muri
e la portata dei moschetti. La ragione umana aveva toccato
l’iperbole della ferocia.
Nella casa del parroco, che é rimpetto la caserma, una
palla entrò dalla finestra, forando il cappello di certo Fran-
cesco Renai e conficcandosi nel soffitto. Notate che la fine-stra é al primo piano, alta da terra oltre cinque metri!!!
DOPO LA TRAGEDIA IL NOME DEL DELEGATO ALLE INCHIESTE
Il delegato che ha sulla coscienza questo fratricidio
si chiama Giovannelli Ezio. E’ addetto alla Questura di Chiusi.
Altre volte sempre per le agitazioni operaie, era manda-
to qui il commissario Martini di Montepulciano, uomo mite e
conciliante. Egli aveva saputo sempre condursi con tatto e con
umanità.
Ora sono in luogo molte autorità uer l’inchiesta. C’é il
sottoprefetto di Montepulciano, il pretore del re, il maggiore
dei carabinieri.
Le inchieste dovrebbero essere tre: una giudiziaria, una
amministrativa, una dell’arma.
Ma io vi denuncio subito Questo fatto inaudito. Il sotto
prefetto inquisisce avendo a lato il prefetto dei carabinieri.
Questa procedura di umano genere, che ha sollevato pepati commenti anche fra le persone dell’ordine, merita di essere rilevata. Io non aggiungo commenti, li farete voi; Qui, in mezzo a questa gente buona e così scelleratamente colpita, non ho l’animo di commentare . .
La mitezza della popolazione rende anche più tragico il
risalto di questa pagina sanguinosa. Non esagero ripetendo Che
in nessuno dei conflitti passati: la ferocia della bestia umana ha straripato senza limiti e senza freni come in questo episodio doloroso che stende il lutto in un paese e mette alla fame due famiglie.
LE NOTIZIE AI GIORNALI
Data l’enorme distanza che separa Piancastagnaio dal.;
mondo abitato, la stampa non ha ricevuto alcuna notizia. L’unica comunicazione è quella manipolata dalle autorità. Qualche volenteroso ha mandato notizie imparziali, ma senza fortuna.
Il Dott. Giovanni Borcani veterinario di qui, persona degna
di Lede e non socialista nè sovversivo, mandò un diligente
e imparziale racconto alla Tribuna che cestinò. Egli mi ha pregato di fare atto della cosa. Tanto perché si sappia come si fanno girare le notizie!!
Nino Marroni
MIEI PARTICOLARI – LA FEROCE CACCIA ALL’UOMO
Piancastagnaio, 5.
Vi confermo i miei particolari di ieri. La ferocia degli
agenti dell’ordine si precisa sempre di più. La caratteristi-
ca brutale di questo eccidio sta nel fatto che si continuò a
sparare selvaggiamente per più di tre quarti d’ora anche quan-
do le vie e la piazza erano deserte e non vi si imbatteva che
qualche fuggiasco, qualcuno che rincasava o chiedeva di perso-
ne di famiglia. Rettifico un mio particolare: i carabinieri
non sparavano da tre, ma bensì da quattro lati della caserma.
Questa è un fabbricato costruito a penisola e che guarda sulla
Piazza e sulle Vie Garibaldi e Umberto. Il terzo lato è addos-
sato al corpo dei fabbricati, ma poiché la caserma è assai più
alta degli altri, anche questo lato della casa che guarda sui
tetti della casa vicina ha varie feritoie. Anche da questa
la forza mantenne la moschetteria sulla viuzza sottostante.
Giù in fondo, alla distanza di oltre un centinaio di me-
tri, si vedono le lacerature dei proiettili. Alcuni, rimbal-
zando hanno compiuto dei salti inesplicabili andando a ferire
persone fuori completamente dal tiro. La caserma è stata dun-
que per tre quarti d’ora un vero quadrilatero di morte.
TESTIMONIANZE SCHIACCIANTI
Non voglio fare della letteratura tragica. faccio il com-
mento dei documenti. Mi sono procurato perciò, ieri e stamani,
di raccogliere testimonianze precise. Sono schiaccianti.
Paradisi Andrea, consigliere comunale, veniva dal di fuori
passando in piazza si rifugiò al Caffè Chiavaioli, fuori non
c’era anima viva e la fucileria continuava . . . Restò nel
caffè cinque minuti poi fece per uscire. Udì uno scoppio e
vide alle finestre della caserma un carabiniere col fucile
alzato.
Ungardi Mario, di anni 15, conferma e completa la versione
del Paradisi. Vide il carabiniere puntare il moschetto e spa-
rare in direzione del Paradisi. Se vedesse il cara-
biniere dichiara che lo riconoscerebbe.
Mariano Pisani, di anni 71, veterano delle patrie batta-
glie, andò al caffè in piazza e pregato dalla padrona fece
per chiudere l’esercizio. Un proiettile gli sfiorò il capo.
Allora si rinserrò nel caffè e di li udì il fuoco per tutta
la sua durata, di tre quarti d’ora.
Ilari Pietro, macellaio, abita in Piazza in posizione Co-
perta dagli spari. Era alla finestra e vi stette continuamente
Assistì a tutta la scena. La piazza era vuota; quando qualche
persona compariva guizzava il lampo degli spari.
Angelini Maria, di 57 anni e la figliola ventenne, abita-
no in via Garibaldi, a venti metri dalla caserma dallo stesso
lato; dopo i primi colpi la via si sgombrò. Appena qualcuno
faceva capolino dallo sfondo della via, la forza, dalle fine-
stre, sparava. Due buoni diavolacci, certi Stolzi e Ilari, si
riparano nella porta delle Angelini. Ma subito una scarica li
colpi ferendoli. Ho visto che un proiettile trapassando la
grossa porta ha fatto nel muro un foro profondo.
Bulgarini Francesco, negoziante, abita pure in via Gari-
baldi. Conferma esso pure che la via era deserta e che la fr-
za faceva bersaglio delle persone che si mostravano.
Eli Guarniero, si trovava con altri due in via Garibaldi
nella parte dell’albergo omonimo che é lontano trenta metri
dalla caserma, tutto era deserto. A un tratto passarono due
donne e immediatamente caddero ferite!
Ferdinando Bulgarini, calzolaro, era nascosto dietro una
finestra della parrocchia che prospetta la caserma. Aveva spen-
to la luce elettrica e guardata, spaventato la scena. La via
era sgombra. Man. mano che spuntava qualche persona la forza la
faceva bersaglio dei moschetti.
Queste affermazioni precise sono rafforzate da altri nu-
merosissimi testi. La brutalità degli agenti è luminosamente
documentata.
LA FAMOSA SASSAIOLA
La famosa sassaiola che dovrebbe servire di giustifica-
zione agli agenti, si riduce, come ho detto ieri, a pochi pic-
coli sassi: eccone la prova: la caserma ha varie finestre a
pianterreno senza inferiate e munite di vetrate.
Orbene questa Folla sovversiva, che dovrebbe aver giusti-
ficato con la sua sassaiola, la ferocia dei carabinieri, non
ha rotto un solo vetro delle finestre a pianterreno. Qualche
Vetro, otto o dieci al massimo, é stato rotto nei piani superiori
Ma la prova della violenza é, in ogni caso, spavento-
samente sproporzionata alla brutalità della repressione. In-
tanto si dice che il delegato e un carabiniere sarebbero leg-
germente contusi. Ma se la notizia fosse vera, si tratta di
scalfitture insignificanti.
E dall’altra parte ci sono due morti e quindici feriti.
ALTRE TESTIMONIANZE – GRAVISSIME ACCUSE AL DELEGATO
Ho raccolto altre gravi e precise testimonianze. Ferdi-
nando Bulgarini può affermare che forse anche la lieve sas-
saiola della folla fu provocata dal contegno di qualcuno dei
carabinieri. Egli afferma infatti di aver visto che un cara-
biniere minacciava la folla dalla loggia con dei pezzi di
legno. Il Bulgarini afferma inoltre che guardando la tragica
scena dalla finestra della parrocchia, vide un uomo caduto e
sostenuto da un altro. Il delegato gli era addosso con la
rivoltella. Dominici Domenico atterrito dai primi spari, si
avanzò verso il delegato – dice il teste – gridandogli
-” Se fanno così ammazzano tutti”- il delegato si rivoltò
rispondendo -” se non te ne vai toccano pure a te “-
Una testimonianza eccezionalmente grave e che io vi do testualmente come l’ho assunta alla presenza di Maniano Ricci
consigliere comunale, e del segretario del comune, é quello
di Caterina Cencini. Essa ci disse: – passavo la via XX Set-
tembre domenica verso le cinque circa, vi era pure il dele-
gato con due militi. Ad un certo punto sentii che io delegato
disse : -” Stasera voglio far sangue”- davanti vi era il grup-
po di alcuni che cantavano.”-
Ho insistito per richiamare la Cencini per la gravità
di questa faccenda. Ma essa ha insistito – io non aggiungo
parola – Altre testimonianze ho raccolto che provano la bru-
talità consumata contro questa povera gente.
IL DELEGATO E’ PARTITO
Questa notte il delegato è partito. a quest’uomo che
ha nella coscienza l’atroce eccidio doveva partire in stato
di arresto! . . . Invece egli ha potuto impunemente girare
il paese in lungo e in largo Lino a tutto ieri!
La gente dell’ordine, violenta e cinica, ha potuto osare
tutto perché in questo povero paese, tagliato fuori dal mondo
non vi è controllo né della stampa, né di organizzazioni forti
né di partiti politici! .
Nino Marroni
COME NARRANO IL FATTO GLI ASSESSORI DEL COMUNE DI PIANCASTAGNAIO
Fa il giro di alcuni giornali la seguente dichiarazione:
essere falso che il sindaco si mettesse a capo della popola-
zione per reclamare il rilascio dei due arrestati nella sera
fatale. Sta invece il fatto: che in seguito a detti arresti
e alle grida strepitose della moglie di uno degli arrestati,
dato il giorno festivo e la località centralissima della caserma, in breve si formò davanti alla medesima un assembramento di persone, non poche delle quali si diedero tumultuosamente a reclamare la scarcerazione dei due arrestati.
Che il sindaco di ciò avvertito e veduta l’eccitazione della folla si adoprò dapprima per calmare gli animi, recando-
si, quindi in caserma (ove poco dopo giunse pure chiamato
da due carabinieri il delegato di pubblica sicurezza) per
implorare il rilascio degli arrestati medesimi, senza pregiu-
dizio dell’ulteriore procedimento penale contro di essi,
sembrando a lui questo il mezzo più efficace per sedare
l’irritazione ed ottenere lo scioglimento.
Che infatti dopo una certa riluttanza, il delegato
convenne di secondare le suppliche del sindaco, facendo
uscire i detenuti dalla cera di sicurezza.
Che mentre questi già si trovavano nella stanza attigua
alla porta d’ingresso della caserma, furono lanciati dalla
folla alcuni sassi che frantumarono alcuni vetri della fine-
stra. Che allora il delegato ordinò di rinchiuderli nuovamen-
te in camera di sicurezza, ordinando ai carabinieri di impu-
gnare i revolver ed uscire.
Che dopo questa mossa avvennero altri quattro arresti,
e furono successivamente esplosi dai carabinieri alcuni colpi
in aria e fu poi sparato a più riprese e in tutte le direzio-
ni, prima dalla strada presso la porta e quindi anche dalle
finestre. Che i morti finora sono due, due i feriti gravis–
simi, otto gravi e cinque leggeri: i più di palla ed altri
di mitraglia. Tra i feriti gravi vi sono una donna ferita
da quattro palle ed un bambino di sette anni.
Benvenuto Ricci, Simone Braga,
N. Filippo Furati, assessori
effettivi. Domenico Fingardi,
Giovanni Braga, assessori
supplenti.
L’ARRESTO DEL DELEGATO ASSASSINO CHIESTO DALLA FEDERAZIONE DEI CONTADINI
Bologna 6 (g.m.)
La federazione dei lavoratori della terra ha spedito un telegramma all’On. Giolitti nel quale chiede l’arresto immediato del delegato, protestando che fin’ora l’arresto non sia stato compiuto.
Si tratta, dice il telegramma, di uno dei più orrendi misfatti della forza pubblica, per tale riconosciuto dalla stampa di ogni partito. Sarebbe indegno di un governo civile procrastinare l’adozione delle misure giudiziarie contro i responsabili.
Avanti! 12 Febbraio 190?
(Ultime notizie per l’eccidio di Piancastagnaio)
I RAPPRESETANTI DELLE ORGANIZZAZIONI OPERAIE RECLAMANO DAL GOVERNO UN ATTO DI GIUSTIZIA
Oggi, nel pomeriggio, il presidente del consiglio ha
ricevuto Carlo Quartierani, rappresentante la confederazione
del lavoro, Nino Marroni, rappresentante la federazione dei
lavoratori della terra, accompagnati da Leonida Bissolati.
I rappresentanti delle organizzazioni operaie esposero
all’On. Giolitti quanto dolorosamente il proletariato italia-
no fosse impressionato dal fatto che a dieci giorni dall’ec-
cidio, dopo l’esaurimento di tre inchieste, giudiziaria, am-
ministrativa e militare, non si vegga ancora alcun indizio
delle disposizioni delle autorità a procedere col dovuto ri-
gore contro gli autori e i responsabili del macello. Il de-
legato e i carabinieri che per circa 50 minuti continuarono
il fuoco micidiale dalle finestre della caserma contro la
popolazione sono tuttora a piede libero.
I rappresentanti delle federazioni e Bissolati chiesero
al presidente del Consiglio affidamento che quelle misure di
prevenzione le quali sono espressamente ordinate dalla legge
nei casi di omicidio, vengano applicati agli agenti della
forza pubblica, salvo s’intende, la valutazione esatta e im-
parziale delle singole loro responsabilità personali.
L’On. Giolitti rispose che l’indagine essendo già affi-
data all’autorità giudiziaria, il potere non poteva assumere
alcun impegno in proposito. Promise tuttavia d’invitare il
Ministro di Grazia e Giustizia a vigilare sul processo in
corso affinché da parte della magistratura non si avessero
esitazioni nell’applicare rigorosamente la legge. La commis-
sione richiamò l’attenzione dell’On. Giolitti sul modo pro-
vocante con cui si era effettuato il trasporto dei contadini
arrestati, nonché sui metodi scorretti adoperati dai funzio-
nari incaricati di condurre le inchieste. Il presidente del
Consiglio prese atto delle comunicazioni fattegli, e promise
di occuparsene.
Accomiatatisi dall’on. Giolitti, la commissione si in-
contrò anche col ministro Orlando di Grazia e Giustizia, che
si trovava a palazzo Braschi. L’On. Orlando dichiarò che si
sarebbe interessato a sollecitare l’istruttoria e avrebbe
vigilato a che la magistratura compisse interamente il suo
dovere.
FORMALE DENUNZIA CONTRO IL DELEGATO E I CARABINIERI – L’ON. ARALDI RAPPRESENTA LA PARTE CIVILE
L’an. Araldi, che nei giorni scorsi ha spiegato opera attivissima ed efficacie nell’assistere i contadini di alcuni comuni della parte alta della provincia di Grosseto impegnati in una lotta di usi civici e di utilizzazione delle terre incolte in confronto dei latifondisti locali, si é ora occupato con uguale alacrità dell’eccidio di Piancastagnaio, il paese situato sull’altro versante dell’Amiata, e ha accettato di rappresentare come parte civile le famiglie dei morti e i numerosi feriti contro i responsabili della criminosa carneficina. A tal scopo egli ha già steso denunzia al procuratore del Re di Montepulciano perché siano sottoposti a giudizio penale il delegato di pubblica sicurezza Ezio Giovannelli ed i carabinieri suoi corresponsabili, che all’autorità
giudiziaria sarà facile identificare, come colpevoli di omicidio e di ferimenti gravi e lievi nelle persone di diciotto inermi cittadini.
Sono invitati a deporre ben 24 testimoni – ” ineccepibili – come si esprime la denunzia stessa che abbiamo sott’occhio – per posizione sociale, per disinteresse e per provata probità ” – I lettori sanno già, per la rigorosa inchiesta fatta dal nostro inviato speciale Nino Narroni, come il macello
fu compiuto. Ora vedremo alla prova la sollecitudine, la rettitudine, l’imparzialità della magistratura italiana.
( il tutto è tratto dal sito www.francescorossi.it ).