Figlio di Eusebio e di Maria Mancini, nasce a Certaldo (Firenze) il 31 gennaio 1900 da Eusebio e fa il bracciante. Nell’ambiente familiare, dove quasi tutti sono anarchici, Egisto matura ideali libertari, ma il suo nome sale agli onori della cronaca dopo che il 28 febbraio 1921, a Certaldo, in una convulsa giornata di scontri tra forze dell’ordine e sovversivi, sono rimasti uccisi suo fratello Ferruccio e l’ingegnere socialista Catullo Masini e feriti i carabinieri Lorenzo Sebastiano e Antonio Minnucci. Accusato di “violenza e resistenza” e duplice tentato omicidio, si proclama innocente (anche i fratelli Tito e Oscar protesteranno più volte contro l’“atroce ingiustizia” da lui subita), ma non viene creduto ed è condannato, il 30 aprile 1925, a 20 anni di reclusione e a tre anni di vigilanza speciale. La Corte d’assise infligge l’ergastolo a Guido Nencini e 30 anni reclusione a Alfredo Veracini, a Ulisse Logli e a Alfredo Arrigoni.
Il cinque novembre 1927 Egisto viene schedato. Il prefetto di Firenze scrive che gode di cattiva fama, che è di carattere violento e si mostra sprezzante con le autorità, che ha fatto parte della “ Banda dello Zoppo ” ed è “pericoloso per l’ordine nazionale”. Durante la detenzione Egisto non si piega all’ordine carcerario, ma resiste tenacemente, attestandosi su una linea di “cattiva condotta” nei reclusori di Sassari e di Alessandria, dove sconta la pena. Dal canto loro i fratelli Tito e Oscar cercano di alleviare la sua dura prigionia, scrivendogli dalla Russia delle lettere, in cui affetto e solidarietà si intrecciano a considerazioni di indole filosofica e politica. Il 30 luglio 1927, ad esempio, Tito osserva che un dolore diventa sopportabile se lo si razionalizza e gli ricorda che in ogni parte della terra ci sono migliaia di uomini che “ anelano ogni giorno, ogni ora ”, alla riconquista dei “ loro diritti umani… La realtà della vita bisogna guardarla in faccia e farsi un’esatta convinzione di ciò che è il bene e il male, di ciò che è il piacere e il dolore e non farsi delle soverchie illusioni di una vita astratta, fuori dalla realtà ”. Bisogna “ fare grandi sforzi per conservare ancora lo spirito vivo alla resistenza, non si deve pensare che è finita perché come è accaduto in Russia da un giorno all’altro il vecchio ordine di cose può essere spazzato via…” .
Il 13 dicembre 1927 i due fratelli tornano sull’“atroce ingiustizia” della condanna, da lui subita, e gli scrivono: “ Non disperare, stai forte di animo, non devi scoraggiarti, perché in te non è mai mancato lo spirito di resistenza, sei un uomo che hai passato dure prove nella vita senza mai traballare e hai sempre saputo trovare le forze per il domani… ” L’undici febbraio 1929 lo informano di aver ricevuto una sua lettera, “ la quale ci fece molto piacere nel sentirti ancora forte nel tuo spirito alla resistenza, malgrado tutte le avversità dell’ambiente. Noi non abbiamo mai pensato il contrario, noi ti conosciamo e fidiamo sicuri un giorno di riabbracciarci… Anche questo inverno sta per finire così che la nostra situazione finanziaria andrà migliorando, e potremo aiutarti più di quello che non abbiamo [fatto] nel passato ”.
Nel corso della lunga reclusione non mancano, tuttavia, i periodi di avvilimento e il 18 novembre 1929 Tito scrive a S. di aver provato “una brutta impressione”, leggendo una sua lettera e sentendolo “ molto abbattuto, come se tutto fosse per te perduto. Ti ho sempre pregato di non lasciarti prendere da cattivi presentimenti, di non farti vincere dalla malinconia, di essere forte spiritualmente e di non perdere mai la speranza in un prossimo cambiamento in meglio. Comprendo il tuo stato d’animo, e comprendo pure il luogo ove ti trovi, comprendo pure quello che a questo mondo c’è di bene e di male, tanto più del secondo che non del primo, e che una grande maggioranza dell’Umanità ne soffre e si dibatte in cerca di un assetto migliore, che ancora non ha trovato, ma che certamente non tarderà molto a venire. Solo allora potremo dire di aver trovato la pace di dentro e di fuori del nostro corpo. Fatti forte e sempre avanti, perché spero in un’altra tua prossima di sentirti più forte moralmente e spiritualmente ”.
Scarcerato il 12 novembre 1932, Egisto viene sottoposto a vigilanza speciale e munito di foglio di via obbligatorio per Roma, dove intende stabilirsi. Ma il 15 novembre 1932 la Questura locale lo rimanda a Certaldo, perché è “elemento non desiderabile”, perché la sua sorella Ida è confinata e perché non ha nessuno a Roma che possa alloggiarlo o aiutarlo. L’11 febbraio 1933 Scarselli viene fermato a Certaldo, in occasione della visita del re a Firenze, e rilasciato 24 ore dopo. Il 20 aprile 1934 chiede di trasferirsi a Paola (Cosenza), presso l’anarchico Giacomo Bottino, compagno di sua sorella Ida, il 21 giugno 1934 viene autorizzato a recarsi in Calabria e il primo luglio 1934 parte per Cosenza. Il dieci luglio 1937 è fermato e perquisito a Paola, perché “confabulava” con Giacomo Bottino, Alberto Cimino e Carmine Ariello, poi è di nuovo a Roma, ma, il 15 ottobre 1937, viene rimandato in Calabria con foglio di via obbligatorio e diffidato.
Il 18 febbraio 1938 è arrestato dalla milizia confinaria di Carmo Langan sul Colle Cautoletto, presso Ventimiglia, perché cercava di emigrare illegalmente, insieme all’antifascista Edoardo Vencia, probabilmente per andare in Spagna ad arruolarsi nelle formazioni antifranchiste. Denunciato per “espatrio clandestino a scopo politico”, è assegnato, il 29 marzo 1938, al confino di polizia per 5 anni, perché costituisce un “pericolo assoluto in occasione di manifestazioni politiche, trattandosi di acceso anarchico, che non si arresta dal commettere reati di sangue…” Deportato a Ponza, resta nell’isola sino al 1943.
FONTI: ACS, CPC, ad nomen; “Il libertario”, n.748, 15 gen. 1920; La sentenza per i delitti della banda dello “Zoppo”. Guido Nencini condannato all’ergastolo. Altre gravi pene, “La nazione”, n.103, 1 mag. 1925; Antifascisti nel Casellario politico centrale / a cura di Simonetta Carolini, Carla Fabrizi…, Quaderno n.16, Roma: Anppia, 1994, p.363, Lagorio, Lelio. Ribelli e briganti nella Toscana del Novecento. La rivolta dei fratelli Scarselli e la banda dello Zoppo in Valdelsa e nel Volterrano, Firenze: L. S. Olschki, 2002.
[ Scheda di Michele Lenzerini, Gianfranco Piermaria e Fausto Bucci per Radiomaremmarossa.it ]