L’ansia di vivere di un giornalista e poeta di Sorano morto a soli 28 anni.
Carlo Benocci era un poeta. Ecco una sua poesia intitolata “Nati”:
Se possiamo gioire giorni chiari
e lontananze d’incomprese voci
tutto è trovato in quest’auroraAnche l’acqua che spura le stanchezze
la strada che ribolle i primi istinti
E se ci assale dolce come il sonno
un odore di vergini diffuse
tutto è trovato ed è mattino sempre
“Quand’ero bambino pensavo che nessuno avesse mai scritto i libri. Per me i libri, le case, i monumenti facevano parte di qualcosa esistente dall’eterno o dai primordi di cui noi dell’epoca ci serviamo a consumazione.”
Così scriveva Carlo Benocci nella premessa alla sua raccolta di poesie “E l’uomo può parlare” edito nel 1948 da “La Chimera”, una galleria grossetana aperta nel secondo dopoguerra dal Circolo Artistico Grossetano. La copertina riproduceva un quadro del pittore grossetano Bruno Dominici.
Carlo Benocci era nato a Sorano il 30 Agosto 1922. Il padre Nello era un “anarcoide” (come afferma il figlio Antonio), ma è stato anche uno dei fondatori del Partito Comunista a Sorano; si dichiarava non credente, mentre la madre Barberina Corfidi era molto legata alla chiesa [1] . Carlo studierà per un periodo nel seminario di Pitigliano interrompendo presto gli studi per andare a lavoro. Si impiegherà a Sorano prima nella Banca del Monte dei Paschi e successivamente all’Esattoria di Sorano.
Chiamato alle armi nel 1941 presterà servizio in Cavalleria in Piemonte a Pinerolo dove, dopo l’8 settembre 1943, verrà arrestato dai tedeschi e internato in un campo di concentramento a Buchenwald .
Liberato dai russi si arruolerà con questi in attesa della fine della guerra. Tornerà a casa soltanto nel settembre del 1945.
A Grosseto sarà corrispondente dalla provincia per il giornale l’Unità e per La Gazzetta di Livorno.
La conoscenza della lingua tedesca e francese gli consentirà di trasferirsi in Svizzera, a Ginevra, per lavorare come giornalista presso la sede delle Nazioni Unite.
Purtroppo, per ragioni di salute, sarà costretto a tornare in Italia. Ricoveratosi all’Ospedale di Grosseto, a seguito di una bronco polmonite trascurata, muore il 10 Agosto 1950. Aveva solo 28 anni.
La sua esperienza di combattente per una causa giusta è riportata in una sua poesia dal titolo:
Ricordo
I nostri amici caddero
una sera di giugno che le lucciole
impazzite fuggivano la luceDi loro resta il fiato la parola
a fiore d’erba
come un gruppo di lucciole incantate
nel prato che slargò ad averli il ventre
Visse intensamente i suoi anni giovanili ma l’ansia di vivere spezzò troppo presto la sua vita.
Questo il senso della lapide che conserva i suoi resti. È sepolto a Sorano.
La poesia a volte manda a capo in un altro modo.
Questo poeta maremmano ha vissuto il dramma del campo di concentramento in Germania, ma per nostra fortuna ebbe il coraggio di scrivere in versi i suoi pensieri per tramandarli e farceli ascoltare.
Dallo stesso volume “E l’uomo può parlare”, proponiamo qui di seguito la lettura di alcune poesie riprese dalla sezione “L’età del ferro” dove c’è un breve commento dell’autore che può esser sintetizzato con le sue stesse parole: – Questo ho cercato di fare nei versi riflettenti quella particolare parentesi della nostra vita detta comunemente “tempo di guerra”:
ORA SONO TORNATO
Ora sono tornato
per voi sono un uomo che sa
anche se nulla ho imparatoIl desiderio di narrarvi
m’ha sorretto tutta l’assenza
potrei cominciare a Berlino
a Venezia
e non avrebbe importanzaNulla direi che voi già non sapete
RICHARD NON RITORNA
Richard non torna
Un’ora che aspettiamo
gli occhi nel fiume
grosso di pioggia e morti di stasera
Richard ha cercato la morte
Richard in piedi mentre si dormiva
con la testa piegata nel soffitto
parlava di casa
Con un valzer di Strauss i mitraglieri
l’hanno lasciato freddo sulla riva
LAGER
Eppure c’è una strana poesia
nelle baracche nere che di vivo
hanno l’interminabile agoniaE questo fiaccolare degli umori
un muto canto di resistenza
al volere di vinti vincitoriPiù penetrante d’ogni tracotanza
la speranza nei cuori.
E nessuno sapeva l’esistenzaEra prima di noi questa memoria
UN GAROFANO SMUNTO PER LA VIA
Forse ci narreranno della pace
becchini affumicati lunghe storie
e arrugginite femmine di strada
facchini nati dentro gli angiporti
Ma il mondo onesto è troppo onesto e tace
e ha già un’idea del diavolo suppongo
Così quel mondo sterile morrà
impenetrabile
e nel sole di luglio resterà
un garofano smunto per la via
È VESTITA DI ROSSO
Nelle strade nei porti ove che incontri
ossa e sguardi scampati dalla fine
le rovine del mondo asciuga il soleE ne tinge di rosso le bandiere
stracci sulle macerie solatie
se un destriero cavalca la vittoriaRosso fantasma dall’ubiquità
il cavaliere dell’apocalisse
che il sole ha collocato sul destrieroDagli strazi dei giorni non la gloria
ma la storia dei poveri verrà
così cinta di rosso come i pazzi
Note:
[1] Così ci ha testimoniato Antonio Benocci aggiungendo che: “ La mi’ mamma c’avevano… loro erano mezzadri per un signorotto… ma male ‘unne stavano, almeno magnavano… Il mi’ babbo facevano col su’ babbo i “battitori”, battevano la breccia pe’ le strade… ” . Da questa unione erano nati tre fratelli: Carlo (1922), Ermanno (1930) e Antonio (1932); tutti e tre seguono le orme paterne impegnandosi nel Partito Comunista Italiano. Ermanno in particolare sarà dirigente di questo partito e Sindaco di Sorano.
Questa testimonianza è stata raccolta da Corrado Barontini e Giovanni Battista (Bista) Porri a Sorano il 15.7.2008
Bibliografia:
– Carlo Benocci “ E l’uomo può parlare” ed La Chimera, Grosseto, 1948 (ristampa anastatica della famiglia, Pitigliano, 2005)
– C. Badii “Lo psichiatra innamorato” ed Athena Editrice, Roma, 1989 (è pubblicata la poesia “Nati”)
– Scheda di C.B. su “Carlo Benocci” si trova in “L’odore della mia terra – biografie di uomini e donne che hanno fatto la Maremma tra il XIX e XX Secolo” Ed Effigi, Arcidosso, 2008 (a cura di Lucio Niccolai).
[ Scheda di Corrado Barontini ]