Figlio di Serafino e Giuseppina Brosi, nasce a Bagno a Ripoli (FI) il 12 gennaio 1890 e fa il meccanico, dopo aver frequentato le elementari. Anarchico, come i fratelli Bruno e Nello, è chiamato alle armi nel 1915 e mandato al fronte. Dopo il congedo, partecipa alle agitazioni proletarie, che hanno luogo a Bagno a Ripoli e a Firenze durante il biennio rosso, e il 21 maggio 1921 viene condannato dal Tribunale del capoluogo toscano a 3 mesi di reclusione per mancata denuncia di armi. Legato ad anarchici e comunisti di varie regioni italiane, è denunciato per “attentato alla libertà del lavoro”, cioè per avere impedito ad alcuni crumiri di fare il loro sporco mestiere, ma il 7 novembre 1921 viene prosciolto. Fermato due volte per misure di pubblica sicurezza, si trasferisce a Palermo al principio del 1923, con la moglie, i quattro figli e il fratello Nello, per sottrarsi alle aggressioni degli italianissimi nerocamiciati, e in maggio subisce una perquisizione domiciliare, durante la quale sostiene apertamente di professare idee sovversive.
A Palermo, d’altronde, il nostro frequenta degli anarchici molto conosciuti, ritenuti “pericolosissimi” dalle autorità, fra cui Paolo Schicchi, Nino Napolitano e Gabriele Pappalardo, ed è membro della redazione de “Il vespro anarchico” fino al settembre 1923, quando il periodico viene soppresso per aver pubblicato alcuni articoli di Schicchi, incriminati dalla magistratura. Nell’ottobre successivo Chiarini lancia, insieme a Calogero Aronica Pontillo, Gabriele Pappalardo, Raffaele Frugis, Osvaldo Celani, Paolo Schicchi, Nino Napolitano e Nino Guarisco, una sottoscrizione pubblica per “dotare il «Vespro» d’una tipografia propria”, in modo da poter escludere “qualsiasi lavoro d’indole commerciale”, pubblicare opuscoli di propaganda, “stampare numeri unici d’occasione”, ecc.
Il 5 gennaio 1924 C. viene schedato dalla Prefettura di Palermo, che lo descrive come persona intelligente, dai capelli castani lisci e dalla fronte alta, che si comporta bene in famiglia. Il 7 giugno 1926 Ruggero si trasferisce a Porto Empedocle per ragioni di lavoro e il 26 dicembre (dopo l’approvazione delle leggi eccezionali e la soppressione di ogni libertà nel paese) viene diffidato, ai sensi dell’art. 166 della nuova legge di p.s., e obbligato a munirsi di carta d’identità. Incluso nella lista degli “elementi pericolosi in linea politica”, è sottoposto, la notte dal 15 al 16 gennaio 1927, a un’altra perquisizione domiciliare, che si risolve negativamente, come riferisce il generale Maggiotto, prefetto di Girgenti. Tornato a Palermo, Chiarini vi muore il 31 gennaio 1930.
Qualche tempo dopo Nino Napolitano scrive dalla Francia, dove è riparato, una lettera alla vedova di Ruggero, Francesca Albamonte, in cui si legge: “…la perdita di Ruggero l’abbiamo sentita… Della disgrazia ho scritto qualche cosa sui giornali, che mi guardo bene [dal] mandarle per non darle noie”. Gli anarchici italiani aprono oltr’Alpe una sottoscrizione in favore dei figli e della moglie del compagno scomparso e le somme raccolte vengono mandate a Palermo da Nello Chiarini e dall’anarchico elvetico C. Vogt, che le spediscono rispettivamente da Marsiglia e da Ginevra.
FONTI: ACS,CPC, ad nomen; Per la tipografia al “Vespro”, «Adunata dei refrattari», 27 ott. 1923; Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), Cesena: L’antistato, 1953, p.80.
(Scheda di Michele Lenzerini, Gianfranco Piermaria e Fausto Bucci per www.radiomaremmarossa.it)
Pubblichiamo di seguito, così come ci è pervenuta, una sentita poesia dedicata al compagno Ruggero Chiarini, composta dalla nipote Jose, ben orgogliosa – al pari di Ruggero jr. e degli altri nipoti che ci han fornito la foto – del nonno e della sua ferma coerenza antifascista.