Nasce a Campagnatico il quattro giugno 1900. La madre Itala muore per le complicazioni del parto e il babbo Ciro si spenge quando Italo ha appena tre anni. Il piccolo viene allora affidato alla zia Rosa Ragni Bacci (1), che, insieme al marito Nazzareno e alla sorella Giulia, lo tira su a Grosseto. Qui, dopo le elementari, Italo comincia a frequentare, insieme al cugino “Titta” (Algiso Giovannelli), gli anarchici Marcuccio Marcucci, Angiolo Moretti, Firmo Biagetti e Mellido Ramacciotti e a leggere l’“Avvenire anarchico” e “Volontà”, finché, abbracciate le idee libertarie, aderisce al Circolo Germinal.
Il quattro dicembre 1919 è giornata di sciopero, un folto gruppo di sovversivi invade la stazione di Grosseto, qualche crumiro viene malmenato e un anarchico di origini senesi propone, in una convulsa riunione, di minare la strada ferrata. Il gruppo, che ha occupato la stazione, è composto dai massimalisti Raffaele Cirri e Vico Lodovichi, dal “poeta a braccio” Leonardo Maravigli, che professa idee libertarie, da Italo Ragni, che fa il bracciante o il manovale edile, e da altri “sediziosi”. Tutti vengono denunciati.
Nella notte del trenta giugno del ’21 Grosseto viene invasa dai fascisti, che seminano terrore e morte per la città. La forza pubblica non fa nulla per opporsi alle “squadre mercenarie”, che – come denuncerà l’anarchico Serni – mettono “sede e domicilio negli uffici della pubblica sicurezza, che sono diventati il covo del fascismo” (2): per i sovversivi la situazione si fa subito molto critica e molti di loro – aggrediti, perseguitati o “banditi” dai seguaci di Mussolini – sono costretti a trasferirsi nelle grandi città o all’estero. Benché venga più volte molestato dagli squadristi (“I fascisti – ricorderà un suo vecchio amico – ronzavano minacciosi intorno a lui e alla casa dei suoi zii”), Ragni rimane, per il momento, nel capoluogo e il ventisette settembre del ’23 è il commissario Francesco Lanzerotti segnala in un breve rapporto che abita in via Parallela, 3, e fa il muratore, che è “iscritto” al partito anarchico ed è pericoloso perché di carattere violento. Il quattro gennaio del ’24 il procedimento penale, aperto nel 1919 per i fatti della stazione, viene archiviato, perché l’imputazione di violenza privata è cancellata da un’amnistia, di cui beneficiano soprattutto gli squadristi per i crimini di sangue, che hanno commesso in tutta Italia negli anni precedenti.
Tre mesi dopo – siamo nell’aprile del ’24 – Ragni lascia per sempre l’Italia e si trasferisce in Francia – come hanno già fatto Ruggero Gonnelli, Lelio Iacomelli, Giulio Savelli, Zaccaria Orbatti, Riccardo Gaggioli, Marx Portanti e altri compagni di ideali. Valicate legalmente le Alpi grazie al passaporto, di cui è munito, si ferma a Lyon e trova un alloggio in rue de Sully, 9: l’indirizzo suddetto – recita, nel ’25, un appunto di polizia – è stato ricavato da una cartolina, che ha mandato a un amico di Grosseto, il sovversivo Enrico Orlandini (3).
Il ventidue marzo del ’27 il console fascista di Lyon riferisce alle autorità superiori che nella sua giurisdizione diplomatica è attivo un “individuo esplicante propaganda anarchica…, di nome Italo, nato a Grosseto”, e il cinque aprile il prefetto maremmano Giacomo Salvetti informa il Ministero dell’Interno che, “fatte espresse indagini”, l’antifascista, segnalato dal Consolato, è Italo Ragni:
“Egli militava qui nel partito anarchico come semplice gregario, ma non esplicava propaganda. A di lui carico non risultano precedenti penali. Connotati: statura 1,58, capelli occhi castani, corporatura regolare, colorito roseo”. Il dodici aprile l’Ufficio schedario politico invita la Scuola di polizia scientifica a riprodurre dieci copie di una foto di Italo, il ventiquattro la Scuola superiore di polizia trasmette le immagini richieste e il ventotto il capo della polizia ordina al console di Lyon di “fare esercitare sul sovversivo in oggetto la possibile vigilanza per seguirlo nell’esplicazione della sua attività politica, riferendone. Qualora poi il medesimo dovesse dirigersi in Italia, pregasi di segnalarlo alle autorità di P.S. di confine ed a questo Ministero per le disposizioni di fermo e perquisizione”.
Il ventisei maggio un gruppo di anarchici aggredisce il segretario del fascio di Lyon, Mario Scribanti, che sta per commemorare, in una sala di rue St.-Antoine, il dodicesimo anniversario della dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria. Se Scribanti se la cava con una bastonata in testa, un altro fascista, Ernesto Trepan, viene, invece, raggiunto da quattro colpi di rivoltella. Secondo le fonti di polizia, del gruppo di sovversivi faceva parte, oltre a Italo Ragni, un altro risoluto anarchico grossetano, Giulio Savelli, detto Gino, fratello di Giuseppe, l’edile comunista ucciso dai fascisti alle magistrali di Grosseto, il ventotto giugno del ’21.
Arrestati il ventisette maggio dalla polizia francese, Italo Ragni, Romeo Seghettini, Umberto Malfatti e Romeo Romani vengono processati – insieme al latitante Savelli – il cinque agosto a Lyon: Ragni è assolto per insufficienza di prove, Savelli viene condannato in contumacia a due anni di carcere, a trecento franchi di ammenda e a dieci anni di interdizione di soggiorno e Seghettini a sei mesi di reclusione per “violazione di decreto di espulsione”.
Il tre aprile del ’28 Lodovico Blokar, un ex fuoruscito, appena tornato in Italia, racconta nei locali della Questure di Trieste di aver frequentato Armando Borghi, Dario Castellani, Paolo Schicchi e Antonio Leonardi, quando stava a Marsiglia, e Italo Ragni, Giuseppe Matteozzi, Libero Lupi e Marcello Bianconi, quando abitava a Lyon. Matteozzi – dice Blokar – faceva parte del Comitato pro vittime politiche libertarie ed era incaricato di mandare gli aiuti in denaro agli anarchici in carcere e al confino: “Io mi occupavo della distribuzione di giornali anarchici che mi venivano consegnati dal Matteozzi, da Italo Ragni e da Marcello Bianconi”.
Il ventiquattro ottobre l’anarchico di Campagnatico è cacciato dalla Francia e accompagnato alla frontiera belga. Un informatore dell’Ovra racconta che sono “stati espulsi recentemente dalla Francia gli anarchici Ragni Alberto già dimorante a Lione rue Monclay n.20 e Malfatti non meglio identificato, pure residente a Lione. Entrambi si sono recati nel Belgio. Altro anarchico italiano residente a Lione, certo Lari, prima che si procedesse al suo arresto, fuggì per ignota destinazione”.
Il venticinque novembre il prefetto di Grosseto, Domenico Soprano, comunica al Ministero dell’Interno che Ragni – ormai considerato pericoloso e iscritto al n.9982 della Rubrica di frontiera – risiede a Liegi, in rue Alfred Smeets, n.6: “La locale Questura, con nota ventuno corrente n.9473 in risposta a richiesta del R. Consolato di Liegi in data 15 andante n.7865 A 59 P, ha rifiutato il nulla osta pel rilascio del passaporto al suddetto sovversivo”.
Il ventiquattro gennaio del ’29 il console italiano di Liegi, G. Salimbeni-Mele, riferisce che Italo frequenta i sovversivi di Seraing-sur-Meuse e il sei marzo la polizia giudiziaria di Liegi sscrive che a Seraing risiedono due italiani politicamente sospetti: il muratore Italo Ragni e il tornitore Umberto Malfatti: “Essi abitavano in rue Alfred Smeets, [a Liegi], da dove sono partiti il primo gennaio 1929 e si sono trasferiti a Seraing, rue du Marais, 91. Alla Polizia locale hanno dichiarato d’essere stati espulsi dalla Francia per motivi politici. Malfatti s’è presentato al Consolato d’Italia a Liegi, poco dopo il suo arrivo nel Belgio allo scopo d’ottenere un passaporto, essendo sprovvisto di documenti d’identità. Ragni scrive molto e riceve molta corrispondenza, specie dalla Francia, Malfatti e Ragni ricevono degli stampati comunisti (sic) ch’essi distribuiscono ai loro connazionali. Tutti e due fanno un’accanita propaganda comunista. In seguito alle informazioni raccolte, è molto probabile che i suddetti non siano estranei all’attentato contro il Consolato d’Italia a Lione”.
In aprile Ragni è a Bruxelles, è “amico del noto Camillo Berneri” e si occupa, insieme a Malfatti, della diffusione, “nelle vie, caffè e luoghi pubblici”, di “Bandiera nera”, il giornale anarchico redatto da Giuseppe Bifolchi nella capitale belga. In maggio il muratore di Campagnatico abita ancora a Seraing-sur-Meuse: “Egli è partito dal vecchio alloggio per recarsi a rue du Marais n.91, vero covo di sovversivi, in seguito forse alle sollecitazioni dei nuovi amici, che quivi dimorano”.
Il ventinove luglio Italo è espulso dal Belgio “per propaganda sovversiva”, insieme a Malfatti, al milanese Aldo Gorelli (che, una decina di anni dopo, verrà assassinato dagli sgherri di Stalin in Siberia, con una pallottola nella nuca) e a Silvestro Seffusati, e viene accompagnato alla frontiera con la Germania. Ignorando in quale paese si sia diretto, il capo della polizia Bocchini telegrafa ai prefetti di “disporre indagini massima vigilanza, specie frontiera, per fermo et perquisizione qualora rientrasse aut fosse rientrato regno pericoloso anarchico Ragni Italo fu Ciro et Rossi Itala nato Campagnatico (Grosseto) 4.6.1900 espulso recentemente Belgio et allontanatosi ignota destinazione stop Prefetto Grosseto est pregato provvedere iscrizione predetto Bollettino ricerche con fotografia stop Pel ministro Bocchini”.
Il quattro febbraio del ’30 il Bollettino delle ricerche (scheda 1049) segnala Ragni come “anarchico espulso dal Belgio da fermare e perquisire”, e il ventuno febbraio l’ambasciatore italiano a Parigi, G. Manzoni, racconta che Ragni, quand’era in Francia, “frequentava notoriamente [i] sovversivi” e che “fu notato in compagnia del sovversivo Savelli Giulio nel momento in cui questi si rese autore dell’attentato in persona del segretario del fascio”, Mario Scribanti, il ventisei maggio 1927”. Il quattordici marzo una spia conferma che il sovversivo maremmano è entrato in Germania il ventinove luglio1929, e il due maggio il prefetto di Grosseto scrive che le due zie, che l’anarchico ha nel capoluogo maremmano, Rosa Ragni nei Bacci e Giulia Ragni nei Giovannelli, non ricevono notizie dal nipote da oltre un anno.
Dopo una breve pemanenza in Germania, Italo rientra in Francia, stabilendosi a Villeurbanne, località Charpenies, poi, nell’estate del ’31, partecipa alle riunioni del Circolo Sacco e Vanzetti di Lyon, nella cui sede si discute, il cinque di agosto – presenti, oltre a Ragni, Lodovico Rossi, Gusmano Mariani (4), Marcello Bianconi, Umberto Malfatti, Attilio Scarsi e Efisio Pani -, “sulla necessità” di raccogliere “i fondi necessari per l’edizione di un giornale anarchico locale che dovrebbe essere dapprima mensile” e si stabilisce “di far uscire, se possibile, il primo numero in occasione dell’anniversario della morte di Sacco e Vanzetti”. Il foglio dovrebbe chiamarsi – secondo le spie degli “italianissimi” – “Il bombardiere”, in realtà verrà intitolato “Insorgiamo”.
Nelle settimane seguenti il Ministero dell’Interno attribuisce a Ragni e a Malfatti un piano per attentare alla vita di Mussolini: per realizzare l’atto terroristico i due esuli conterebbero – secondo i fascisti – sull’aiuto di Lino Farina e di Francesco Barbieri (5), un anarchico tornato dall’Argentina, dove ha collaborato con Severino Di Giovanni, Umberto Lanciotti, Miguel Angel Roscigna, Silvio Astolfi (6), Fernando Malvicini e Pedro Boadas Rivas. Il piano prevederebbe il lancio di bombe contro l’auto di Mussolini lungo il tragitto, che la vettura compie ogni mattina. “Viene riferito – telegrafa il Ministero dell’Interno – che anarchico Barbieri Francesco partito da Lione per il mezzogiorno della Francia attualmente troverebbesi Tolone. Scopo viaggio sarebbe quello di concertare con correligionario per attentato da compiere in Italia. Tale notizia avrebbe relazione con altra secondo la quale anarchico Farina Luigi Enrico di Ernesto e di Canazzola Antonia nato Caiolo 20 marzo 1902 ivi domiciliato ben noto Prefettura Sondrio avrebbe scritto dal paese nativo ai noti anarchici pericolosi residenti Lione Malfatti Umberto iscritto bollettino ricerche nr.3786 del 15 giugno 1931 e Ragni Italo iscritto bollettino ricerche nr.1049 del 14 febbraio 1930, che egli li attende avendo a disposizione materiale esplosivo per attentare alla vita di S.E. il Capo del Governo…”
In Italia vengono adottate una serie di misure eccezionali e il nome di Ragni viene inserito nella categoria dei terroristi, mentre sul suo fascicolo si stampiglia, a grandi caratteri, la dicitura: “Attentatore”. Contemporaneamente la Scuola superiore di polizia è invitata a “riprodurre con la massima urgenza n.200 copie per ognuna della fotografie” dei sovversivi Lino Farina, Italo Ragni e Umberto Malfatti. Le foto vengono consegnate il primo ottobre del ’31 al Ministero, che trasmette, nella stessa giornata, i connotati dei tre presunti attentatori a tutti i prefetti della penisola.
Il venticinque ottobre esce, a Lyon, il secondo numero di “Insorgiamo”. Secondo il console fascista, gli articoli “Astorre Tagliaferri”, “Bagliori di guerra” e “Sul fascismo” sono stati scritti da Gusmano Mariani, quelli intitolati “E’ tempo di finirla” e “Constatazioni tristi” si devono alla penna di Valentino Segata, “Il martirologio continua” sarebbe di un certo Gino Ferro, l’autore dell’articolo “Con le molle” sarebbe Adriano Vanni e quello di “Le invenzioni” Umberto Rossi.
A fine mese la polizia francese si apposta intorno alla sede del Circolo Sacco e Vanzetti e ferma, mentre escono dal locale, al termine di una riunione, Italo Ragni, Giovanni Matteozzi, Arrigo Gavioli, Marcello Bianconi e altri anarchici. Entro qualche ora vengono tutti rilasciati, ad eccezione di Bianconi e Gavioli, che sono trattenuti perché colpiti da misure di espulsione. La retata induce i membri del Circolo a “non tenere più riunioni periodiche ogni mercoledì, come per il passato” e a vedersi “sempre in diverse località”.
Il sei novembre Ragni, Bianconi, Segata, Gavioli e Ermenegildo Romagnani si incontrano a Villeurbanne, in casa di Dante Stanchi, per esaminare i comportamenti, non del tutto trasparenti, di alcuni membri del gruppo e per discutere dell’uscita di un altro numero di “Insorgiamo”. Nel marzo del ’32 si tiene, a Lyon, una riunione “allargata” degli anarchici italiani, con la partecipazione di alcuni compagni, residenti in Svizzera, alla quale intervengono, fra gli altri, Italo Ragni, Lodovico Rossi e Umberto Malfatti. Negli stessi giorni il Ministero dell’Interno chiede al prefetto di Grosseto di cercare di “venire in possesso di autografi” di Ragni, che servirebbero per “importanti indagini di polizia politica in corso”, ma il maresciallo Marcantonio risponde al questore locale che i tentativi di impadronirsi di lettere o biglietti scritti dall’anarchico di Campagnatico sono falliti, perché la perquisizione dell’abitazione della zia del Ragni, Rosa Bacci, è stata “infruttuosa”.
Il sedici aprile Italo viene arrestato a Lyon per “infrazione del decreto di espulsione” e nelle settimane seguenti è nuovamente sospettato di preparare un attentato ai gerarchi fascisti. Le spie dell’Ovra segnalano la sua amicizia con Angelo Sbardellotto, il muratore anarchico, che è stato arrestato il quattro giugno 1932 in Italia, dove era rientrato per uccidere Mussolini, e il diciannove giugno il consoledi Liegi riferisce che “fra le persone che più erano in contatto” con Sbardellotto a Seraing si trovavano Giuseppe Ruozi (alias “Tranquillo”), Pietro Bruzzi, Italo Ragni, Armando Risi e Giuseppe Foranoce, “tutti pessimi elementi”.
Il ventitré giugno il Ministero dell’Interno invita la Scuola superiore di polizia a riprodurre altre duecento fotografie di Italo e il ventotto telegrafa ai prefetti e ai posti di frontiera “che… pericoloso comunista Ragni Italo fu Ciro, attualmente residente Francia ha manifestato proposito commettere atti inconsulti stop Predetto inoltre est indicato come intimo amico noto Sbardellotto stop Rinnovasi raccomandazione disporre attente misure vigilanza per arresto Ragni qualora tentasse entrare Regno stop Si fa riserva trasmettere fotografia Ragni stop”.
Espulso di nuovo dalla Francia nell’autunno del ’33 e condotto alla frontiera spagnola, il muratore di Campagnatico ritorna subito a Parigi, dove si fa vedere con i compagni di idee Italo Del Proposto e Emilio Strafelini ed è, forse, in contatto con un altro anarchico maremmano, il boccheggianese Gioacchino Bianciardi, anch’egli incluso nella lista degli attentatori (e citato, il dodici ottobre 1933, in un rapporto della spia dell’Ovra, che si cela dietro il n.353). Al principio del ’34 Ragni è – insieme a Eugenio Santacesaria e a Loriano Santinelli – in Belgio, dove diffonde la stampa libertaria, e in agosto prende parte a Parigi, insieme a Antonio Persici e a Alfonso Federici, alla commemorazione delle vittime del fascismo e delle giornate di Vienna.
Membro del gruppo anarchico di Montreuil, è uno degli anarchici più in vista di Aubervilliers ed è molto legato a Ernesto Bonomini, da poco tornato in libertà dopo aver scontato una lunga pena nelle carceri francesi per l’uccisione del fascista Nicola Bonservizi. Nella primavera del ’35 Italo vede spesso l’anarchico Giuseppe Vari, di Olevano Romano, titolare di due fascicoli al Casellario politico, e lavora nell’edilizia, dopo aver fatto per qualche tempo il lucidatore di mobili, “perché perde gradatamente la vista”. Negli stessi giorni fioccano le espulsioni nel paese transalpino: i più colpiti sono gli anarchici italiani, che in aprile si riuniscono nella sede parigina della C.G.T. per fronteggiare la grave emergenza con iniziative efficaci. All’incontro partecipano Leonida Mastrodicasa, Italo Ragni, Umberto Marzocchi, Mario Perissino, Raniero Cecili, Savino Fornasari, Giuseppe Gialluca, Virgilio Gozzoli e Ernesto Bonomini (7). Alla fine quasi tutti i provvedimenti di espulsione vengono sospesi, ad eccezione di quelli contro Perissino e Bonomini. Il mese seguente Italo interviene, insieme a Rivoluzio Giglioli, a Michele Centrone e ad altri anarchici, a una riunione, che ha luogo a Clamart, e il ventitré giugno prende parte, a Saint-Cloud (8), a un incontro, in cui si prepara – su proposta di Mastrodicasa e Fornasari – un manifesto contro la guerra, da introdurre clandestinamente in Italia.
Nuove misure di espulsione vengono, intanto, adottate dalle autorità francesi contro gli antifascisti italiani: fra gli esuli, colpiti dai provvedimenti repressivi ci sono Achille Maccari di Tatti, Bruno Maccari di Ravi e Orlando Bucci di Tatti (9), poi è la volta di Ragni ad essere “oggetto”, il diciotto giugno, di una “irrevocabile” misura di espulsione dalla Francia, insieme a Bruno Gabellini e ad altri “fuorusciti”. In luglio Domenico Ludovici, Alfredo Gori, Virgilio Gozzoli, Leonida Mastrodicasa, Umberto Marzocchi ed altri anarchici decidono che una ventina di esuli, bersagliati dai decreti di espulsione, si facciano arrestare a Parigi ed inizino un clamoroso sciopero della fame per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle condizioni degli emigrati politici, che sono costretti a vivere lungo le frontiere, perché rifiutati da ogni paese. Fra i militanti libertari, disposti a consegnarsi alle autorità francesi, ci sono Ragni, Fazioli, Castagnoli, Schiaffonati, Marzocchi, Mastrodicasa (10), Bruno Gualandi e Giuseppe Gialluca.
Il tre novembre del ’35 il capo della polizia fascista ordina alla Prefettura di Grosseto di controllare la corrispondenza dei familiari e degli amici di Ragni e il dodici novembre il maresciallo Marcantonio informa il questore di Grosseto che due zii e un cugino di Italo abitano “in via Parallela, 12c, Case Favi”, e che, “allorquando egli trovavasi in questa città era in stretta amicizia con i seguenti comunisti: Franchi Gino, Piazza Vittorio Emanuele, n.12, Franchi Luigi, Piazza Vittorio Emanuele, n.12, Franchi Ottavio, Piazza Vittorio Emanuele n.12, (11) Arrighi Settimio, via Vinzaglio, 4” (12).
Il dieci marzo del ’36 il muratore di Campagnatico segue a Parigi il feretro dell’anarchico Giovanni Sabbatini, insieme a Camillo Berneri, a Emilio Canzi, a Virgilio Gozzoli e al piombinese Egidio Fossi, poi, il quindici marzo, è alla sala Lavry, ad ascoltare, insieme a Ernesto Bonomini, a Umberto Marzocchi, a Angiolo Bruschi (13) e a Enzo Fantozzi, una conferenza di Carlo Rosselli, e il ventisei giugno partecipa a una riunione del Comitato per il diritto di asilo, che si conclude con l’approvazione di un odg per l’adozione immediata di provvedimenti in favore di tutti gli espulsi.
Il due luglio Ragni è presente, insieme agli anarchici Remo Franchini ed Emilia Ustori, ai bordighisti Piero Corradi e Guido Gasperini e ad altri antifascisti, in un locale di Parigi, dove “Auro d’Arcola” (Tintino Rasi) tiene una relazione sul lavoro svolto in favore dei profughi dal Comitato per il diritto di asilo e dalla C.G.T., poi, il diciannove agosto, parte per la Spagna e si arruola nel Gruppo italiano della Colonna Ascaso (la Colonna italiana). Il ventotto agosto partecipa al combattimento di Monte Pelato, dove muoiono il repubblicano Mario Angeloni e gli anarchici Michele Centrone e Fosco Falaschi, il ventidue novembre combatte a Almudévar e nel maggio del ’37 torna in Francia, dopo essere stato ferito dal calcio di un quadrupede.
Il ventiquattro luglio viene schedato: il prefetto di Grosseto, Trotta, annota nel Mod. A che “in famiglia si comportava bene”, che “era iscritto al partito anarchico” e che “frequentava la compagnia di elementi aventi le stesse ideologie politiche”. Italo è descritto come un uomo dai capelli castani radi, il viso roseo ovale, la fronte larga e gli occhi castani.
Il venticinque maggio del ’38 viene arrestato dalle autorità transalpine, perché, tornando in Francia, ha violato il decreto di espulsione, dal quale era stato colpito. Incarcerato per qualche mese, Ragni viene condotto alla frontiera belga, ma, dopo pochi giorni, rientra illegalmente a Parigi. Nel ’39 il suo nome figura in una lista di antifascisti da cacciare dal territorio francese, insieme a quelli di Umberto Marzocchi, Corrado Perissino, Celso Persici, Alfredo Rusconi, Armando Malaguti e Vittorio Scalcon, quasi tutti ex “miliziani rossi”, poi, nel febbraio (o marzo) del ’39 Italo viene arrestato nella capitale e rinchiuso in un campo di internamento, insieme a Scalcon, a Persici, a Marzocchi e ad altri dieci anarchici. Rilasciato, è, ancora una volta, arrestato a Parigi (secondo quanto si legge in una lettera scritta il diciotto luglio 1939 da Carmine Senise al questore di Roma), ai primi di giugno, in rue Boulets, n.62, nel ristorante di un ex volontario di Spagna, Oreste Abbruzzetti (14).
Il ventisette giugno è internato nel campo di Gurs, insieme a migliaia di volontari delle Brigate internazionali e di soldati dell’esercito spagnolo. Gli antifascisti italiani, rinchiusi a Gurs (i più hanno combattuto contro Franco), sono 850, i tedeschi 800 e i cechi 150; ci sono anche polacchi, ungheresi, portoghesi, argentini, cubani, algerini e iugoslavi. Gli internati sono divisi per nazionalità, fra i comunisti, gli anarchici, i trotskisti italiani non corre buon sangue. “Gli anarchici – recita, il venti agosto del ’39, una lettera della Missione militare italiana in Spagna – sono alla volontaria dipendenza di tali” Emilio Strafelini, Ragni e Guerrieri. Gli anarchici Borgo Enrico e Osio Lelio sono scappati dal campo di Argelès s/m ed attualmente dovrebbero trovarsi nel dipartimento di Marsiglia… Gli anarchici e i trotskisti vanno fra loro d’accordo e sono odiati dai comunisti. Questi ultimi e gli anarchici sono venuti alle mani già due volte. I trotskisti sono in minoranza…” I comunisti italiani gestiscono la cantina del campo e ne distribuiscono i proventi fra i loro compagni, gli antifascisti senza partito e i socialisti. “I trotskisti e gli anarchici non ricevono nulla”.
La durata dell’internamento di Ragni a Gurs non è nota. Forse è qui che lo prelevano i nazisti per deportarlo nell’inferno di Mauthausen, o forse cade nelle loro mani dopo essere entrato nel maquis o – secondo una versione dei fascisti italiani che non trova conferma – dopo essersi arruolato nell’esercito francese o nella legione straniera per difendere il paese, che lo aveva tante volte arrestato e espulso.
Nell’ottobre del ’40 l’Ambasciata d’Italia a Berlino invia al capo della polizia fascista, insieme a vari elenchi rinvenuti dai nazisti nella sede della Direzione della sicurezza a Parigi e riguardanti vari “terroristi” italiani e stranieri, un documento del quattro ottobre 1935 del direttore della polizia di Parigi, Cabiol, dove si legge, a proposito di Ragni: “Cet étranger qui travaille comme terrassier vient d’être recherché vainement à Marseille où il avait manifesté d’intention de commettre un attentat contre le Consulat italien de cette ville dans le cas où l’Italie déclarerait la guerre à l’Éthiopie. Le nommé Ragni a été expulsé de divers pays en raison de son activité anarchiste allant jusqu’à l’action directe. Individue particulièrement dangereux…”
L’anarchico di Campagnatico muore il sei maggio del ’41 nel campo di sterminio di Mauthausen e il Consolato fascista di Parigi informa, il trentuno luglio, i superiori del suo decesso: “Si ha l’onore di riferire che secondo un documento ora pervenuto tramite il Tribunale della Senna a Parigi il nominato in oggetto risulta deceduto al campo K.L. di Mauthausen (Germania) il sei maggio 1941, lasciando quale unica erede la propria zia Bacci Rosa, residente a Grosseto, via Parallela, 10. Da detto documento risulta che il predetto risiedeva in precedenza in Parigi, ma non vi è indicato il recapito. Poiché si rileva altresì che il Ragni conservava la cittadinanza italiana si presume ch’egli si sia arruolato, a suo tempo, nella Legione Straniera ed era stato fatto prigioniero dalle truppe germaniche in Francia”.
Il dieci novembre 1941 il questore di Grosseto chiede alle Questure di Milano e di Roma di “far depennare dall’elenco dei nominativi di questa provincia, residenti all’estero, per i quali è stato chiesto il riservato controllo della corrispondenza, il soprascritto sovversivo [Italo Ragni fu Ciro] deceduto in Germania nel maggio scorso”.
Appendice:
Ragni a Grosseto
Ragni in Francia
“Individuo particolarmente pericoloso…”
Note
1)Figlia di Agostino e di Anna Giomi, Rosa Ragni nacque a Campagnatico l’undici febbraio 1885 e rimase nel paese di origine fino al principio del Novecento, quando sposò Nazzareno Bacci, di Foiano della Chiana. Trasferitasi a Grosseto (in via Parallela, n.12c, Case Favi), prese con sé il nipote Italo, dopo la morte dei genitori, e gli fece da mamma fino all’espatrio. L’attività politica, che Italo svolgeva all’estero, e in special modo i suoi rapporti con Angelo Sbardellotto e la sua partecipazione alla rivoluzione spagnola, procurarono a Rosa Ragni Bacci incessanti fastidi e dettero ai questurini di Grosseto il prestesto per perquisire – ripetutamente quanto vanamente – la sua abitazione in via Parallela. Persona molto combattiva, e popolare tra gli antifascisti grossetani, come ricordava “Ganna”, Rosa Ragni non si lasciò mai intimidire dagli “schiavisti”, anzi, in un’occasione, ne mandò diversi all’ospedale, percuotendoli con un “ranzagnolo”, mentre cercavano di far bere una bottiglia di olio di ricino a suo figlio Angelo, accusato di essere comunista perché “aveva una cravatta coi pallini rossi”. Dopo la liberazione Rosa Ragni cercò inutilmente di avere notizie del nipote, rivolgendosi alla Croce rossa internazionale e agli antifascisti maremmani, che rientravano dall’esilio, e il diciannove febbraio 1950 si spense a Prata, “con il dispiacere di non aver saputo che fine aveva fatto Italo. Era un figliolo per lei” (Bacci, Alba. Test., Grosseto, 11 mag. 2000, AB, M7, 39; Test., Grosseto, 19 giu. 2000, AB, M7, 40, 1).
2)G.S [Egisto Serni]. Da Grosseto, Il martello, n.12, 4 dic. 1921.
3)Indicato nelle carte di polizia del 1925 come socialista, Enrico Orlandini aveva fatto parte della gioventù comunista e dei gruppi anarchici grossetani.Su Orlandini: Banchi, Aristeo (Ganna). Si va pel mondo…, cit., p.59-60, 130-131. Interrogato nei locali della Questure di Grosseto il dieci febbraio 1942, l’antifascista Ultimino Magini rispose: “Conosco e sono amico del fornaio Orlandini Enrico che spesso incontravo per istrada e al caffè gestito da Biagi Pio o al bar Nazionale. Conosco anche Carmignani Bruno che qualche volta veniva a giocare alle carte. Conosco anche Neri Ghino nella cui casa di sera con altri amici mi recavo a giocare… Non sono iscritto al P.N.F: e qualche volta sono stato picchiato”.
4)Gusmano Mariani nacque a Pisa il primo aprile 1892. Operaio, abbracciò le idee libertarie, seguendo l’esempio del padre Amerigo, che era stato anarchico prima di lui. Membro del Circolo Grammichele, prese parte a Pisa, il ventisei dicembre 1910, al terzo congresso regionale degli anarchici della Toscana e della Maremma e il primo maggio 1911 venne schedato. Il prefetto di Pisa segnalò che aveva corporatura snella, capelli castani e fronte alta, che era lavoratore assiduo e che aveva molta influenza nel movimento libertario. Propagandista tenace, Mariani teneva un “contegno irriverente” verso le autorità, prendeva parte a tutte le manifestazioni sovversive e aveva un figlio, al quale aveva dato il nome di Germinal. “Ma il suo maggiore entusiasmo – ha ricordato Italo Garinei – era riservato alla propaganda per l’ideale anarchico ed è noto a tutti i compagni pisani con quanta dedizione contribuì alla realizzazione dell’iniziativa di fondare una tipografia a servizio del movimento, nel 1911, per assicurare la pubblicazione di un battagliero giornale di propaganda. Fu così che sorse, in Pisa, la Tipografia Cooperativa, nella quale si stampò il settimanale L’avvenire anarchico, che ebbe per compilatori – all’inizio – Virgilio Mazzoni e Paolo Schicchi…” Autore di non pochi articoli, fra cui “Il cinquantenario d’Italia e l’indifferenza dei popoli” e “Il bavaglio alla libertà del pensiero” (lettera di protesta contro gli industriali Pontecorvo), Mariani promosse, il ventinove ottobre del 1911, una riunione di giovani anarchici presso l’Associazione razionalista di Pisa, allo scopo di adottare efficaci misure di solidarietà in favore degli scioperanti di Piombino e dell’isola d’Elba.
Gerente dell’ “Avvenire anarchico” dal ventinove maggio 1913 al venti marzo 1914, fu condannato a due mesi e 15 giorni di carcere il ventiquattro aprile 1914 per aver minacciato due persone, che si erano rifiutate di versare un contributo per i serrati di Carrara. Contrario alla guerra, venne sorpreso il ventitré settembre 1917 insieme con altri diciannove anarchici in un esercizio pubblico della Venturina, dove era in corso un convegno clandestino, e arrestato per violazione dell’art.3 del Decreto legge 23 maggio 1915, n.674. Incarcerato a Volterra e a Firenze fino al venticinque ottobre, fu poi arruolato in un reggimento di fanteria, dal quale disertò. Arrestato il dodici aprile 1919, venne liberato il dieci settembre, dopo l’approvazione dell’amnistia nittiana, e rientrò a Pisa, dove tornò a fare il caricatore al canale dei Navicelli e riprese la sua attività politica, raccogliendo, fra l’altro, seicento lire in favore dell’anarchico Olinto Pescanti. Segretario della Camera sindacale di Pisa, tenne, nel ’21 – ’22, numerosi comizi a San Vincenzo, a Castagneto Carducci, a Castelnuovo Val di Cecina, a Bagni San Giuliano e in altre località toscane sull’“atteggiamento degli anarchici nell’attuale momento” e sulla necessità di abbattere il potere borghese. Arrestato il ventidue gennaio del ’22 a Porta a mare (Pisa) per oltraggio ai carabinieri, emigrò in Francia al principio del ’23 con un regolare passaporto e si stabilì a Lilla. In seguito si spostò a Saint-Priest, dove si impegnò intensamente nella campagna per la liberazione di Sacco e Vanzetti, raccogliendo oblazioni per l’apposito Comitato internazionale. Considerato dal console fascista di Chambéry, nel ’28, come il “capo del gruppo anarchico di Saint – Priest”, segnalato perché mostrava “di sprezzare ogni pericolo” e ritenuto capace di “commettere atti inconsulti”, curò a Lyon, nel ’31-’32, la pubblicazione del periodico “Insorgiamo”, insieme a Attilio Scaltri, e fu uno degli esponenti più autorevoli del movimento anarchico nella regione rodaniana.
In occasione della guerra etiopica, intervenne alle riunioni, che gli anarchici tennero a Parigi, poi, nell’estate del ’36, si arruolò nella Colonna Italiana, insieme al cognato Vasco Fontana, e combatté a Monte Pelato e ad Almudévar. Rientrato in Francia, si stabilì a Villeurbanne e nel ’39 venne nuovamente “denunciato” dai fascisti, come uno dei “capi” del movimento anarchico di Lyon. Più tardi partecipò alla lotta di liberazione nella regione rodaniana e, nel dopoguerra, si prodigò “con tutte le sue forze per la propaganda in Francia” e per l’aiuto ai compagni spagnoli, “portando spesso, nelle riunioni e nei comizi, la sua parola solidale a nome degli anarchici”. Morì improvvisamente a Firenze al principio di ottobre del ’64 (Pieroni, Unico. Informazioni, Pisa, agosto 1974; Garinei, Italo. Una bella figura di anarchico: Gusmano Mariani, Seme anarchico, n.10, ott. 1964; Bonsignori, Alfredo. Da Lione, Umanità nova, n.39, 25 ott. 1964; Copetti, Attilio. Addio Gusmano, ivi; Mancuso, Gaspare. Un incontro con Gusmano Mariani, ivi; ACS, Roma, CPC, b.3058, fasc.47348).
5)Qualche notizia sull’attività svolta da Francesco Barbieri per raccogliere informazioni sulle truppe franchiste e sui legionari di Mussolini si trova nell’articolo del dott. Berardino Fienga, che riproduciamo parzialmente: “…Quando, durante la campagna di Spagna fui trasferito da Madrid a Barcellona, una delle prime visite fu per Camillo Berneri alla sede della F.A.I. a calle Layetana. L’amico, che non vedevo da tempo, fu lieto di abbracciarmi in tuta di miliziano e mi presentò il suo compagno di fede Barbieri… che io non conoscevo e che confesso non mi riuscì simpatico. Tuttavia per uno di questi strani casi dovetti forse io riuscire simpatico a lui…, certo è che dopo qualche mese e dopo che io gl’indirizzai una profuga di Maiorca – di cui ho detto al processo Bonaccorsi – Garosci al Tribunale di Roma e che gli diede informazioni sull’attuazione del “Conte Rosso”, sul conto del quale il Barbieri in quel torno andava formando un dossier – ebbi, e senza che la cercassi, la più assoluta fiducia al punto che una sera venne con una catalana alla pensione dove ero alloggiato perché la visitassi… La proposta, rischiosissima, non parve a quelli delle pattuglie da essere scartata onde si architettò tutto un piano per cui la donna sarebbe stata al momento opportuno arrestata ed una volta la sua detenzione nota nell’ambiente della “quinta colonna”, fatta scappare e raggiungere la zona faziosa, mentre il marito, risparmiato, ed ignaro di tutto l’intrigo, sarebbe stato tenuto in una di quelle prigioni speciali, nella credenza che la moglie, poverina, arrestata per le sue relazioni con faziosi barcellonesi, era riuscita fortunatamente ad evadere… Intanto si andavano facendo acquistare alla donna meriti presso i falangisti con servizi truccati che dovevano servire a cattivarle la assoluta fiducia nel campo franchista a cui, era noto alla polizia, tutto si riusciva puntualmente a comunicare.
Tutto concordato [con Barbieri], la donna si era ammalata… ed ora s’aspettava con impazienza che si ristabilisse per farle intraprendere la missione volontariamente assuntasi… Ancora la rivedo bella, astuta, carica d’odio – ormai non viveva che per la vendetta – e di malia nel salottino dell’appartamento del Paseo de Gracia, sommerso in una penombra piena di complicità; seduta sul pouf, le caviglie accavallate, dava l’impressione e ne aveva il fascino, d’un meraviglioso cobra che s’elevasse superbo dal suo groviglio, allorché mi fissava gli occhi carichi d’un fascino inibitorio… E un giorno – certo per me non simpatico per quanto utile alla causa – la catalana guarita fu, dopo un mesto addio, acciuffata dalla polizia – si fece correre la voce che un’attiva sorveglianza aveva messo in chiaro le sue relazioni con gli associati del marito che seguiva arrestato e da Barbieri più tardi seppi che aveva sviluppato a meraviglia il piano suggeritole e tanto bene che tutti i suoi amici politici ed i compagni d’infortunio avevano bevuto… Arrestata infatti, fu tenuta in carcere una ventina di giorni con altre detenute che la conoscevano bene e poi fatto in modo che evadesse – come lei stessa aveva avuto cura di confidare alle sue compagne di carcere di aver intenzione di tentare – con una condetenuta (poco interessante per la polizia) che essa aveva convinta ad associarsi al suo passo e che doveva servire ad avvalorare presso i falangisti di Barcellona il tentativo: detenuta che del resto abilmente, filata una volta in libertà, più tardi fu poi ripresa.
E qualche mese dopo, da che avevo detto addio alla mia paziente, essendo andato per servizio a Lérida e quindi per una ispezione sanitaria nel settore di Tierz in previsione di un’ampia offensiva contro Huesca (abortita per inframmettenze politiche) pianificata dal comandante della 29ª Divisione dell’Esercito dell’Est, un volontario ingegnere pugliese di Barletta, Nathan (Adriano Lancillotto) ex ufficiale dell’esercito italiano, caduto poi nel settore di Huesca, stando appunto come dicevo in Tierz, un italiano, un tal Foico, addetto allora all’intendenza del Comando delle forze che presidiavano la località, passando di sera assieme presso il fiume che scorre per Huesca e Tierz, a proposito della facilità di comunicazioni, di cui andavamo discorrendo, con i nostri simpatizzanti della zona nemica, mi disse che non erano quindici giorni s’era fatta passare per là (cioè per il greto del fiume scarso di acque) una donna che un anarchico pratico della zona doveva far entrare – e c’era riuscito senza inconvenienti – in Huesca. Compresi immediatamente – pur guardandomi bene dal mostrarmi informato – di chi si trattava. Niente più seppi e quantunque avrei amato conoscere come andava l’avventura, una natural ritrosia m’impedì di chiederlo al Barbieri e né egli in quelle rare volte che lo rividi, più me ne parlò; poi Barbieri finì, come è noto, nelle tragiche giornate barcellonesi del maggio ’37 con Berneri, prima suppongo d’aver potuto apprezzare i frutti del suo abile piano…” Più avanti – continuava il dott. Fienga – “seppi senza volerlo che avevo conosciuto a Barcellona quella che era considerata una degli assi dello spionaggio militare repubblicano. Riuscita in zona faziosa fin ad intrufolarsi nell’entourage di Roatta, non poche informazioni sulle forze legionarie per suo mezzo erano filtrate ai nostri servizi, finché la donna sentendosi sorvegliata era riuscita con l’aiuto d’un agente consolare di una delle repubbliche del Centro – America a rifugiarsi in Francia, dove l’agente del SIM mi disse d’averla perduta di vista travolta dalla fiumana di profughi al cadere la Catalogna” (Fienga, Berardino. La spia catalana, La riviera, n.18, 30 set. 1957).
6)Silvio Astolfi nacque a Sacile (Udine) il nove gennaio 1909. Muratore, emigrò in Argentina nel ’27, stabilendosi a Buenos Aires. Qui aderì al movimento libertario, sposò Josefina América Scarfó e collaborò all’attività terroristica di Severino Di Giovanni. Ricercato dalla polizia, che lo riteneva “pericolosissimo”, si sottrasse per tre volte alla cattura nel marzo, nel maggio e nel giugno del ’31, quando vennero arrestati Paulino e Alejandro Scarfó, Giuseppe Romano, Gioacchino Scozzari Baio, la vedova dell’ex cassiere del “Culmine” Giulio Montagna e Nicola Recchi, nella cui abitazione vennero rinvenuti alcuni kg. di dinamite e di gelatina. Dopo l’uccisione dell’anarchico Jorge Tamayo, detto Gavilan, da parte della polizia argentina, Astolfi si rifugiò in Uruguay, poi, nel ’33, tornò a Buenos Aires e sfuggì alla retata, in cui caddero Antonio Bragio, Antonio González e Umberto Lanciotti. Incluso dai fascisti italiani nelle liste degli attentatori, fu schedato dalla Prefettura di Udine il quindici marzo del ’37, ma, all’epoca, secondo Lanciotti, era già stato ucciso dalla polizia argentina (ACS, Roma, CPC, b.210, ad nomen; Bayer, Osvaldo. Severino Di Giovanni, l’idealista della violenza, Pistoia: Collana Vallera, 1973, p.165, ecc.; Bini, Chiara. Baires scopre l’amore di un anarchico italiano, La nazione, 1 ago. 1999).
7)Su Ernesto Bonomini si legga la testimonianza dell’anarchico di Monte Argentario Frank Aldi, raccolta a Pistoia nel 1971 (AB, M7, 37, 15). Cfr. inoltre: Bonomini, Ernesto. Quello che ho visto e sofferto nelle prigioni della Terza Repubblica Francese, Il risveglio anarchico, n.850, 11 giu. 1932 e seguenti; ACS, Roma, CPC, b.740, fasc.2982.
8)Insieme a Bonomini, a Renato Castagnoli, a Antonio Cieri, a Guido Gasperini, a Umberto Tommasini, a Leonida Mastrodicasa e a Umberto Marzocchi.
9)Il nome di Orlando Bucci figurava nelle liste degli attentatori grossetani, unitamente a quelli dei suoi fratelli Gualtiero e Goffredo.
10)Leonida Mastrodicasa nacque a Ponte Felcino (Perugia) il ventitré gennaio 1888. Figlio di un anarchico, che si chiamava Iborio (Lolino) (“del quale per le sue virtù di libertario umanista, non si è spento il ricordo”), si trasferì a sedici anni a Terni, dove fece l’operaio metallurgico e diventò anarchico. Fondatore di un gruppo giovanile libertario a Ponte Felcino, venne arrestato nel ‘6 durante una manifestazione di protesta e nel ‘9 disertò durante il servizio di leva. Amnistiato, rifiutò di partecipare alla guerra di Libia ed emigrò clandestinamente in Svizzera, dove rimase, dopo l’ingresso dell’Italia nel conflitto mondiale. Assiduo collaboratore del “Risveglio anarchico”, venne incarcerato dalle autorità elvetiche nel ’18 per l’“affare delle bombe di Zurigo” e rinchiuso nella fortezza di Vallorbe. Tornato in Italia dopo l’amnistia nittiana, riprese il suo posto di lotta in Umbria, restandovi, finché il fascismo non lo costrinse ad espatriare. Stabilitosi a Parigi, collaborò all’”Adunata dei refrattari”, al “Risveglio anarchico” e, più tardi, alla rivista di Luigi Fabbri, “Studi sociali”, firmando i suoi articoli con gli pseudonimi di “Numitore”, di “P. Felcino” e di “Leomas”.
Redattore di “Lotta anarchica” e di “Lotte sociali”, accorse in Spagna nell’agosto del ’36 e combatté a Monte Pelato, poi fece parte della redazione di “Guerra di classe”. Sfuggito casualmente alla liquidazione fisica da parte degli stalinisti (nel maggio del ’37 abitava in Plaza del Angel, insieme a Barbieri, a Berneri, a Bonomini, alla Corsinovi e alla Tantini), tornò in Francia, malgrado le misure di espulsione che pendevano sul suo capo. Dopo la caduta di Parigi e la resa della Francia, si unì alla Resistenza, ma venne catturato dai nazisti e deportato in un campo tedesco, dove morì il venti marzo 1942 (Bistoni, Ugo. Leonida Mastrodicasa (Numitore), Umanità nova, n.13, 6 apr. 1968, La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939…, cit., p.298).
11)I fratelli Ottavio, Gino e Luigi Franchi erano comunisti. Il più conosciuto dei tre, Luigi, era stato, nel ’21, direttore responsabile del periodico grossetano “L’idea comunista” (Su Luigi Franchi: Numeri unici e periodici grossetani conservati nella Biblioteca comunale di Follonica, 1835-1987, cit., p.128).
12)Settimio Arrighi nacque a Casteldelpiano il venti febbraio 1893. Muratore, si trasferì a Grosseto, dove fu condannato il quattro settembre 1911 a quaranta giorni di reclusione e a trenta lire di ammenda per violenza contro gli agenti della forza pubblica. Il dieci dicembre 1919 subì un’altra condanna a trentacinque giorni di carcere per oltraggio ai carabinieri e nel ’21 venne denunciato per aver aggredito, insieme ad altri sovversivi, un fascista di Batignano nelle vicinanze della stazione della R.A.M.A. Di idee anarchiche, fu – ricordava Aristeo Banchi – continuamente molestato dai fascisti durante il ventennio. Radiato il quindici marzo 1940 perché frequentava “da tempo persone per bene”, si iscrisse al Partito comunista dopo la liberazione e tornò a svolgere un’intensa attività politica. La sorveglianza nei suoi confronti venne per conseguenza riattivata e gli fu intestato un nuovo fascicolo nel Casellario politico. Occupandosi di lui il ventotto marzo 1962, le autorità di polizia riferirono che “da diversi anni milita nel partito comunista, prende parte a tutte le riunioni politico-sindacali, ed è un convinto assertore della ideologia comunista, ma data la età avanzata non è oggi ritenuto elemento pericoloso per le attuali istituzioni democratiche”.
13)Angiolo Bruschi nacque a Livorno il tre agosto 1900 e, nel ’15, seguì la famiglia a Vezzano Ligure. Secondo la Prefettura labronica, che lo schedò il 9 novembre 1939, “militò nel partito comunista, del quale divenne attivo propagandista” e nel ’19 “venne denunziato per aver partecipato a saccheggi di negozi a La Spezia [durante la “giornata dello svaligiamento”, quando le classi subalterne imposero drastici ribassi dei prezzi in molte città italiane]. Imputazione da cui fu prosciolto per amnistia”. Lasciato il Pcd’I, passò nelle file anarchiche e nel ’24 era abbonato alla rivista di Malatesta, “Pensiero e volontà”. Emigrato in Francia, ne fu espulso il ventinove giugno 1925 per aver protestato il ventiquattro maggio, contro i fascisti, che celebravano a Parigi il decimo anniversario dell’intervento italiano. Dopo una breve permanenza in Lussemburgo, tornò in Francia, dove venne arrestato per “violazione del decreto di espulsione” e condotto alla frontiera belga il ventinove giugno 1928. Stabilitosi a Bruxelles, partecipò, nel giugno del ’31, a un meeting in favore del diritto di asilo, insieme a Hem Day, a De Boc, a Vittorio Cantarelli e a Pietro Montaresi. Condannato dal Tribunale belga di Mons a otto giorni di prigione nel gennaio del ’32 per porto abusivo di arma da fuoco, venne espulso dal Belgio, insieme a Carlo Castagna, a Giovanni Calderara (“Frisé”) e a Giuseppe Spinelli, e accompagnato alla frontiera lussemburghese. Rientrato a Parigi, intervenne, alla fine del ’35, al Convegno anarchico di Sartrouville, insieme a Camillo Berneri, a Carlo Frigerio, a Gusmano Mariani e a Giulio Bacconi, poi aderì al Comitato provvisorio per il diritto di asilo, insieme a Renato Castagnoli, a Tintino Rasi e a Rodolfo Gunscher, e, nel luglio del ’35, assisté, insieme a Emilia Ustori, a Italo Ragni, a Remo Franchini e a Piero Corradi, alla riunione, in cui Rasi presentò una relazione sul lavoro svolto dal “Comitato in favore degli esuli italiani”.
Partito per la Spagna il trentuno luglio 1936, combatté nelle file della Colonna Italiana a Monte Pelato e a Almudévar. In seguito fece la spola fra la penisola iberica e la Francia, occupandosi dell’arruolamento dei volontari, quindi passò – ma il fatto non è del tutto certo – nella 12ª Brigata Garibaldi. Ferito, nel ’38, in un’azione di guerra, venne ricoverato nell’Ospedale catalano di Vic. Rientrato in Francia dopo la caduta di Barcellona, fu rinchiuso nell’inferno di Argelès, dove aderì al Gruppo anarchico “Libertà o morte”, insieme a Leonida Mastrodicasa, a Carlo Montresor e ad altri ex “miliziani rossi” di Spagna. Evaso dal campo, fu arrestato, condannato a quattro mesi e 15 giorni di prigione per infrazione del decreto di espulsione del ’28 e incarcerato a Fresnes (Seine). Rilasciato il sei settembre 1939, si rifugiò nell’Africa settentrionale e nell’estate del ’42 cadde a Bir-Hakeim, insieme agli antifascisti Del Favergno, Antonietti, Gezzi e Zoppi, combattendo contro i nazisti (ACS, Roma, CPC, b.870; Leonetti Carena, Pia. Les italiens du maquis, Paris: Del Duca, 1968, p.23, 141; Vilanova, Antonio. Los olvidados: los exilados españoles en la segunda guerra mundial, Paris: Ruedo ibérico, 1969, p.339-358.).
14)Oreste Abbruzzetti nacque a Roma il quattro gennaio 1902. Carrettiere, anarchico, venne assegnato al confino nel ’28 per tentato espatrio. Emigrato clandestinamente in Francia nel ’35, si arruolò nella Colonna Italiana e combatté a Monte Pelato. Il sedici ottobre del ’39 un ex disertore della prima guerra mondiale, Renato Racchetti, interrogato nella Questura di Firenze, fece il suo nome, insieme a quelli di Cesare Arganti, di Oscar Scarselli (l’anarchico che aveva capeggiato la “Banda dello Zoppo”) e di molti altri antifascisti: “L’Arganti svolgeva in quel tempo grande attività, distribuiva giornali e manifestini sovversivi ed organizzava l’emigrazione di nostri connazionali per la Russia. Fu lo stesso Arganti, a tal proposito, che mi disse di aver curato la partenza del noto Scarselli Oscar detto “Lo Zoppo”, evaso dal Maschio di Volterra, per la Russia… Abbruzzetti Oreste, fratello di Luigi, anch’esso anarchico, che è stato anzi in Spagna partendo tra i primi, ha ora un ristorante nella stessa via e stabile, ove il fratello ha il negozio di pizzicagnolo…” Tornato in Francia, Abbruzzetti si ristabilì a Parigi, ma fu arrestato dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale e venne estradato in Italia nel ’42 (La Colonna Italiana / a cura di Alvaro López, Roma: Aicvas, 1985, p.5; La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939…, cit., p.43; ACS, Roma, CPC, b.4676, fasc.12991).
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Ragni a Grosseto
Grosseto, 27 settembre 1923
Ragni Italo fu Ciro e fu Rossi Itala, nato in Campagnatico il 4 giugno 1900, muratore abita in via Parallela 3. E’ inscritto al partito anarchico, frequenta la compagnia di sovversivi ed è ritenuto pericoloso perché di carattere violento. Dagli atti di ufficio non risultano precedenti penali a di lui carico.
Lanzerotti
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Ragni in Francia
21-1-1925
Anarchico Italo Ragni da Grosseto risiede a Lione (Francia) 91 Rue de Sully.
[Dati] rilevati da una cartolina diretta a Orlandini Enrico socialista, di Grosseto.
Le espulsioni dalla Francia
“Divisione affari generali e riservati, sezione prima
n.441/026972
On.le Casellario politico centrale
(per notizia)
Copia dell’appunto n.500/17144 in data 26 giugno 1935/XIII- pervenuto dalla Divisione Polizia Politica
Giusta notizia pervenuta da fonte confidenziale, si sarebbero recentemente riuniti a Parigi, allo scopo di mettersi reciprocamente al corrente dei risultati dell’agitazione relativa all’espulsione dalla Francia, una venticinquina di anarchici, tra i quali i noti:
44114 = Marzocchi Umberto;
86079 = Lodovici Domenico;
2676 = Gialluca Giuseppe;
17995 = Moscardini Antonio;
119809 = Biondi Francesco;
21136 = Ragni Italo;
54921 = Gilioli Rivoluzio;
44691 = Cremonini Bernardo;
40056 = Cecili Raniero;
121237 = Vari Giuseppe;
16325 = Tommasini Umberto;
2078 = Ricci Giulio.
Il direttore capo Divisione polizia politica = f.to Di Stefano
p.c.c. = Roma li 19 luglio 1935.XIII
Il capo della Sezione prima”.
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“Individuo particolarmente pericoloso…”
“Ministère de l’Intérieur
Direction générale de la Surété nationale
Controle général des services de police administrative
Paris 4 octobre 1935
Confidentiel
N.II.592
Le Ministère de l’Intérieur
Direction générale de la sureté nationale
à Messieurs les Préfects
Prefect de police
Gouverneur général Algérie
Commissaries speciaux des gares de Paris et du Port Arien du Bourget
et comunication à Monsieur le Président du conseil, Ministre des affaires étrangères – Cabinet
Comme suite à mes précédentes circulaires relatives aux terroristes j’ai l’honneur de vous signaler l’individu ci-après designé:
RAGNI Italo, né le 5 juin 1900 à Campagnatico (Italie) – Anarchiste italien expulsé par arrêtés en date des 20 octobre 1928 noifié et 18 juin 1935 non notifié.
Cet étranger qui travaille comme terassier vient d’être recherché vainement à Marseille – où il avait manifesté l’intention de commettre un attentat contre le Consulat italien de cette ville dans le cas où l’Italie déclarerait la guerre à l’Étiopie.
Le nommé Ragni a été expulsé de divers pays en raison de son activité anarchiste allant jusqu’à l’action directe. Individu particulièrement dangereux.
Signalement: taille 1m60 – cheveux châtain clair – front découvert – yeux gris – nez rectiligne – bouche moyenne – rasé – menton rond – figure pleine – teint frais.
P. le Ministre de l’Intérieur
le Directeur général de la surété nationale
Le directeur de la Police administrative et générale
signé: Cabiot
Prefecture des Alpes Maritimes
Cabinet du préfet 2e Bureau…”
( Tratto da ” Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola” di Fausto Bucci, Simonetta Carolini, Andrea Tozzi e Rodolfo Bugiani – Follonica 2000)